«Arte, magari, non saranno. Ma di sicuro sono una tradizione che va preservata».
Flavio Tosi, il sindaco di Verona, parla di graffiti, e forse stupirà qualcuno. A costo di sconfessare il suo assessore Vittorio Di Dio, ha deciso che gli innamorati di passaggio per la città scaligera potranno continuare a scarabocchiare del loro bene sotto al balcone più famoso del mondo, quello di Giulietta.
La vicenda è in più tempi. Nella piccola corte di casa Cappello, da sempre gli innamorati lasciano testimonianza scritta della loro passione: graffiti, soprattutto, ma anche bigliettini, post-it, immagini appiccicate alla bell’e meglio.
Tradizione quasi secolare. Quando il quotatissimo artista londinese Marc Quinn scelse la celebre location per ospitare parte della sua mostra veronese, all’amministrazione non sembrò vero: i romantici ma brutti graffiti sarebbero stati coperti dalle installazioni di un artista di grande prestigio. Sennonché, Quinn consentì da subito che i writer innamorati continuassero a scrivere sulle sue installazioni.
E anzi, nei giorni scorsi ha ritirato i teloni «istoriati» e li ha messi in vendita. A prezzi che in qualche caso sfiorano i 300 mila euro. A quel punto, l’assessore Di Dio ha deciso: lo sconcio deve comunque finire. Per coprire i muri martoriati, si è pure fatto regalare alcune scenografie dall’ultimissima produzione cinematografica ispirata ai due innamorati shakespeariani, «Letters to Juliet». Con risultati modesti: anche le installazioni di scena sono state prese di mira nel giro di qualche ora.
E così, alla fine Tosi ha detto basta: bigliettini e scritte potranno continuare. In realtà, la presa di posizione non è poi così strana: Umberto Bossi ha sempre gelato i fautori di leggi anti-writer al grido di «I muri sono i libri dei popoli».