Vita di coppia/ Il 70% dei matrimoni negli Stati Uniti resistono anche dopo una “scappatella”. In Italia poco più del 60%

Sono tante le coppie famose e non che tornano insieme dopo la classica “scappatella”. A rivelare questi dati sono diversi ricercatori americani, che parlano di una media del 70% di coppie sposate che perdonano il tradimento e rimangono insieme.

A far parlare tanto dell’argomento in questi giorni negli Stati Uniti, tanto da aprire una discussione anche sul New York Times, è la fuga del governatore del South Carolina Mark Sanford che ha tradito la moglie Jenny. L’uomo politico americano, dopo aver ammesso di aver «trascorso gli ultimi giorni a piangere in Argentina per un amore impossibile», è stato perdonato dalla moglie e riaccolto a casa.

Anche in Italia non mancano esempi di coppie che hanno deciso di non rompere il vincolo rimanendo insieme dopo che uno dei due aveva tradito: Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, Mike Bongiorno e Da­niela Zuccoli, il principe Ame­deo d’Aosta e consorte, Jovanotti e la moglie Francesca per citare qualche nome. «Alla base c’è una questio­ne ormonale. Il partner che torna è quello che sceglie l’ossitocina alla dopami­na, cioè l’ormone della tenerezza a quello del­l’innamoramento. Certo, il caso del go­vernatore americano fa pensare più a una scelta per la carriera politica», commen­ta il sessuologo Wil­ly Pasini che ha con­dotto un sondaggio sul tradimento sco­prendo che in Italia il 50% delle coppie è dispo­sto a ricomporsi, il 13% lo fa dopo essersi vendicato, mentre il 37% chiude.

Per Gian Etto­re Gassani, presidente degli Av­vocati matrimonialisti italiani, «il tradimento non è più la prima causa di se­parazione, a meno che non sia omosessuale. Oggi ci si separa per incompatibilità di ca­rattere, per invadenza dei pa­renti, ma non per una scappatel­la. Pure la Cassazione ha cam­biato atteggiamento: l’infedeltà coniugale va sanzionata quan­do è la causa della crisi e non la conseguenza».

La sociologa della famiglia Chiara Saraceno, spiega il perché della forza del matrimonio: «Anche se fragilis­simo sul piano delle singole unioni, è fortissimo come istitu­zione. Tutti abbiamo bisogno di un importante rito di passag­gio, che codifichi la nostra vita privata», mentre per Gian­na Schelotto, terapista di cop­pia «attraverso il matrimonio si costruisce la propria identità: rinunciare alla coppia significa rinunciare a una parte di sé, è troppo doloroso. Mentre è vita­le trovarsi nell’altro. Perché al­trimenti Ulisse avrebbe avuto bisogno di tornare da Penelo­pe, con tante donne a sua dispo­sizione».

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Lorenzo Briotti