SANT’ISIDORO, COMUNE DI NARDÒ (LECCE) – La regione Puglia spiega i perché del suo no ad Alison Deighton, che sostiene – intervistata da giornali locali e nazionali – di voler investire 70 milioni di euro per costruire un resort in un uliveto secolare nel Salento (per la precisione nella contrada Sarparea-De Noha a Sant’Isidoro, comune di Nardò), ma di esser stata messa in fuga dalla lentezza della burocrazia e dall’indifferenza della politica. L’immobiliarista americana è la moglie di Lord Paul Deighton, sottosegretario britannico al Tesoro nel governo di David Cameron. Il socio di lady Deighton è il magnate del petrolio Jan Taylor.
Il giorno dopo il presidente della Puglia Nichi Vendola e l’assessore all’Urbanistica e vicepresidente regionale Angela Barbanente (Pd) replicano che il progetto di resort della Deighton è stato bocciato perché non così eco-sostenibile come è stato pubblicizzato. Esempio fatto dalla Barbanente: “Nel rendering del progetto gli ulivi sono più alti delle villette. Peccato che le palazzine (del resort, ndr) sono di sette metri e mezzo e ulivi così alti in Puglia non li abbiamo”.
Quanto alla gerarchia dei “no”, conterebbe di più – spiegano Vendola e Barbanente – la bocciatura della Sovrintendenza dei Beni Culturali che quella della Regione. E, in teoria, Deighton & soci avrebbero già potuto iniziare a costruire il resort da novembre 2013, quando il Tar aveva dato ragione agli immobiliaristi che avevano fatto ricorso contro il no della Regione (la quale poi a sua volta ha fatto ricorso al Consiglio di Stato). Oltre a spiegare i motivi della bocciatura, presidente e vicepresidente hanno dichiarato di aver depositato un dossier per interessare della vicenda la Procura di Lecce.
A confortare gli amministratori pugliesi è arrivato, domenica 14 settembre, il comunicato dell’Istituto Nazionale di Urbanistica:
La decisione della Regione Puglia di dire ‘nò, così come aveva fatto prima ancora il ministero dei Beni culturali, al progetto di imprenditori inglesi di realizzare un resort in un uliveto secolare a Sant’Isidoro, in territorio di Nardò (Lecce), “in questo frangente non è assolutamente illogica, ma dovuta con ogni probabilità a difficoltà oggettive di attuazione di un intervento in un ambito ambientalmente oltre che paesaggisticamente sensibile, non consentito dalle norme del piano comunale vigente, al punto da dover necessitare di una variante”. Lo sostiene in una nota la sezione pugliese dell’Istituto Nazionale di urbanistica.
Nella nota si ricorda che “il territorio di Nardò è caratterizzato dalla presenza, oltre che di uliveti secolari, anche di aree protette e in particolare di siti di interesse comunitario“. Di conseguenza “è difficile pensare che esso sia la migliore localizzazione per un resort. La stessa attività poteva essere immaginata dai finanziatori in altri ambiti con un grado di impatto più limitato”.
L’istituto manifesta inoltre “preoccupazione” per “talune semplificazioni che rischiano di far passare la Puglia come la Regione più burocratica di Italia. E’ invece da riconoscere – conclude la nota – come oggettivamente di valore il lavoro svolto dall’assessore Barbanente (assessore regionale all’Urbanistica, ndr) nel promuovere norme, piani e iniziative nel segno di una dinamicità non facilmente riscontrabile in altre regioni”.
Repubblica Bari, la Gazzetta del Mezzogiorno e il Corriere della Sera, anche nella sua edizione locale (Corriere del Mezzogiorno) hanno riportato le ragioni del no di Vendola e Barbanente (continua dopo la gallery).
“Per scoprire la verità – ha spiegato Vendola nel corso di una conferenza stampa – su una lottizzazione di 150 metri cubi di cemento in un uliveto quattrocentesco, in un’area che è sempre stata guardata come una preda da parte dei cacciatori di territorio, dai cementificatori”. Il progetto prevede, infatti, che su 13 ettari vengano innalzati 130.868,85 metri cubi di costruzione e 41.023,15 metri quadri di superficie coperta, per realizzare 63 villette e di 61 camere d’albergo capaci di ospitare complessivamente 500 persone, nonché piscine, ristoranti, centro benessere e congressi, campi da tennis, strade, parcheggi e impianti di ogni genere. Il tutto dentro quell’uliveto secolare che – a detta dei progettisti – non verrebbe toccato, ma che secondo la Regione e il Comitato per l’ambiente di Nardò sarebbe irrimediabilmente deturpato.
“Presentare come ecoturismo lo sdradicamento sicuro in un’area così di pregio, fare una campagna sulla burocrazia che blocca, non è giusto – ha continuato il governatore -. Noi abbiamo dato oltre il 90% di pareri favorevoli a interventi sia pure dopo averli corretti e resi compatibili con i valori paesistici e ambientali. Non accettiamo una finta lezione che ha dietro di sè un presupposto non accettabile in Italia: quello che la politica possa assumere decisioni in deroga alle normative vigenti. Io penso che questo racconto non è indice di cattivo funzionamento della burocrazia, ma è indice di rispetto delle norme e delle leggi, sia che si tratti di un cittadino di Nardò sia se è la regina che viene in Puglia e propone un progetto”.
Sulla pagina Facebook di Vendola è animato il dibattito fra chi applaude alla scelta del governatore e chi gli ricorda, per dirlo con un eufemismo, una “minore sensibilità ambientale” nei casi, ad esempio, della cementificazione di Porto Miggiano o del raddoppio della statale 275 Maglie-Leuca (per realizzare il quale verranno abbattuti 8.273 ulivi, anche se l’Anas ha promesso di reimpiantarli), o di tutta la vicenda dell’Ilva.
Se Vendola rivendica la scelta politica, l’assessore Barbanente la mette sul piano tecnico: “È una lottizzazione incompatibile con la tutela del paesaggio. L’uliveto ha un impianto quattrocentesco, è impossibile realizzare delle costruzioni senza danneggiare quel patrimonio”. E ancora:
“La Puglia non è la Regione dei ‘no’: su 165 istanze presentate, abbiamo concesso l’autorizzazione a 159 domande. Ne abbiamo respinto solo nove”.
Barbanente dice di aver incontrato due volte nei suoi uffici la signora Alison Deighton, e che in uno degli incontri era presente anche il governatore Vendola.
«Alla signora – dice l’assessora – ho spiegato che il terreno interessato al progetto è edificabile secondo il piano regolatore di Nardò. E tuttavia quel terreno, secondo il Piano urbanistico regionale del 2001, è sottoposto a parere paesaggistico, in quanto l’area è stata assoggettata a vincolo nel 1975». Non è tutto: sullo stesso progetto di investimento (valore 70 milioni) è stato pronunciato «un diniego» anche dal ministero dei Beni culturali (Mibac), tramite la sovrintendenza regionale. «E se pure noi per un qualche motivo – dice Barbanente – avessimo espresso parere favorevole, questo parere sarebbe stato inefficace». […] E’ possibile cambiare la domanda nella speranza di ottenere il parere positivo della sovrintendenza e della Regione? «Certo – dice l’assessora – è la prassi che si segue sempre. Del resto avevamo preavvertito i proponenti del progetto sull’arrivo del nostro rifiuto. Ma nessuno ha mai presentato delle controdeduzioni».
L’iter del progetto. Il resort nell’Oasi Sarparea è stato bocciato nel 2010 dalla Sovrintendenza dei Beni Culturali. Poi nel 2012 è arrivato il no della Regione Puglia. Deighton e soci hanno fatto ricorso al Tar che nel novembre 2013 ha dato ragione agli immobiliaristi. La Regione quindi ha fatto ricorso, portando la contesa davanti al Consiglio di Stato, che dovrà decidere se sbloccare l’investimento, che prevede anche la costruzione di un porto turistico, o se dare ragione agli amministratori locali.
Il dossier presentato da Vendola alla Procura di Lecce. “Una vicenda opaca”, l’ha definita Vendola. Con numerosi interrogativi. Già nel 2009 i magistrati leccesi si erano interessati al progetto
delegando agli uomini del Corpo forestale dello Stato una serie di accertamenti finalizzati a verificare la legittimità dell’iter seguito nella lottizzazione. A partire dalla trasformazione di una parte dell’antica “foresta oritana” di Sant’Isidoro in un’area destinata ad interventi edilizi con finalità turistico-ricettiva, voluta dal Comune di Nardò nel 2009.
Massimiliano Scagliarini sulla Gazzetta del Mezzogiorno sintetizza alcuni punti poco chiari sottolineati dal dossier della Regione:
“C’è una società a responsabilità limitata, controllata da una fiduciaria lussemburghese e con appena 100 mila euro di capitale, che favoleggia di un investimento da 70 milioni di euro”.
Questo in realtà è il punto meno oscuro: la fiduciaria in Lussemburgo è per pagare meno tasse, il capitale ridotto rispetto all’investimento promesso è prassi abituale nell’edilizia, che opera prevalentemente facendosi finanziare dalle banche.
“Ricorre al Tar contro il «no» della Regione alla costruzione di un mega-villaggio sulla costa di Nardò, e vince. Eppure anziché costruire – potrebbe farlo anche domani: la sentenza è esecutiva – dopo un anno preferisce urlare contro i ritardi della malaburocrazia. Perché?”
Anche questo si potrebbe spiegare con la prudenza: vogliono aspettare che anche il Consiglio di Stato dia loro ragione, per poi procedere. Altri punti sono più difficili da spiegare:
“Ma c’è anche una vecchia denuncia dei circoli Legambiente di Porto Cesareo e Nardò, secondo cui proprio in quell’area nel 2008 qualcuno ogni giorno bruciava sistematicamente ulivi secolari. […]chi e perché, a giugno 2008, ha distrutto almeno 200 ulivi a Sarparea? Forse chi sapeva che il piano paesistico regionale proibisce di edificare se la quota di ulivi monumentali in un’area supera il 60%: bisognava farli sparire in tempo”.
Quindi, a fine 2010, l’intervento del governo Berlusconi:
“E c’è, sullo sfondo, una misteriosa manina. Quella che nel dicembre 2010 ha infilato, in un provvedimento di semplificazione normativa firmato dall’allora ministro Calderoli (governo Berlusconi) l’eliminazione dei vincoli su mezza costa di Nardò. Chiunque ci sia dietro Sarparea, ha amici potenti. Ecco perché ieri il governatore Nichi Vendola, annunciando un esposto alla procura di Lecce e ricordando la vicenda di Renata Fonte (assessore di Nardò, uccisa nel 1984 proprio per i suoi «no» alle speculazioni su Porto Selvaggio), ha parlato di «vicenda opaca». […] A marzo 2010 la Soprintendenza formula un parere negativo sul progetto della società Oasi Sarparea, basato sul fatto che fin dal 1975 alcune parti del territorio di Nardò sono state dichiarate «di notevole interesse pubblico». A dicembre di quell’anno, il governo Berlusconi cancella il decreto. A dicembre 2012 la Regione boccia il piano di lottizzazione, Sarparea lo impugna e i giudici amministrativi annullano dicendo che «il progettato intervento non comporta l’espianto delle esistenti piante di ulivo, inserendosi piuttosto all’interno di esse»”.
Viene messa in discussione anche la reale consistenza dei “70 milioni di investimento”
“Ma i conti non tornano, e non solo per la distanza tra i 100mila euro di capitale, i 4 milioni spesi per l’acquisto del suolo ed i 70 milioni di investimenti dichiarati (volendo ipotizzare un costo di costruzione – astronomico – di 3mila euro a metro cubo per 150mila metri cubi previsti, si arriva al massimo 45)”.