Oltre 90 mila chilometri quadrati di foresta amazzonica, occupati illegalmente, potrebbero tornare in mano allo Stato brasiliano, perché i possidenti attuali non hanno aderito alla campagna di regolarizzazione delle terre in Amazzonia.
Il governo brasiliano ha lanciato all’inizio dell’anno una grande campagna per dare documenti legali a coloro che negli ultimi decenni – con l’assenso dello Stato – hanno occupato grandi estensioni di terre in Amazzonia per farne allevamenti e piantagioni, senza però mai regolarizzarne la proprietà.
Questa situazione si è mantenuta finora in bilico tra legalità e sopruso, principalmente a spese dei piccoli coloni, estromessi da terre che in molti casi erano stati i primi a ”desbravar”, e cioé a strappare allo stato selvaggio per creare piccole proprietà produttive.
Il tentativo del governo del presidente Luiz Inacio Lula da Silva è però riuscito solo in parte: secondo le stime ufficiali, appena 84 mila ”posseiros”, il 30% degli occupanti terre pubbliche senza documenti, hanno aderito al programma, mentre la maggior parte (soprattutto i grandi latifondisti) hanno ignorato l’appello: in parte per diffidenza verso il governo centrale di sinistra, ma soprattutto per timore di indagini su come sono venuti in possesso di immense proprietà su cui sono insediati in alcuni casi anche da 40 o 50 anni.
Nel 2011 sarà fatto un nuovo censimento, e quelli che non si presenteranno rischieranno l’esproprio. I piccoli proprietari (fino a cento ettari) che intendono legalizzare la loro posizione, otterranno il titolo di proprietà gratuitamente, mentre quelli di dimensioni medie (da 100 a 1.500 ettari) pagheranno somme tra i 2 e i 16 euro a ettaro.
Per le grandi proprietà che rimarranno illegali, il governo organizzerà vere e proprie aste, che andranno al miglior offerente.