ROMA – Amianto, a più di 20 anni dalla sua messa al bando, sono più di 32 milioni le tonnellate di amianto ancora presenti in Italia e 34.148 i siti da bonificare. Stando alle denunce delle associazioni ambientaliste, la fibra ”continua a causare oltre 2mila vittime l’anno”. Intanto, si attende il Piano nazionale sull’amianto, annunciato dal ministro della Salute Renato Balduzzi. Gli attivisti sottolineano come nel nostro Paese la bonifica proceda lentamente, tanto che ”ai ritmi attuali dovremo convivere con l’amianto almeno fino al 2100”, per non parlare dello smaltimento, con ”il 75% dei rifiuti prodotti” che secondo dati Ispra viene spedito in Germania perché in Italia mancano discariche ad hoc
Da Legambiente all’Associazione Italiana Esposti Amianto, tutte le associazioni indicano tre priorità: risanamento ambientale, sorveglianza sanitaria e risarcimento delle vittime. Ed è ancora atteso il Piano nazionale sull’amianto. In occasione della Seconda conferenza governativa sull’amianto, svoltasi a Venezia nel novembre 2012, Balduzzi aveva annunciato la presentazione del Piano per gennaio 2013, precisando che il ministero aveva gia’ stanziato risorse pari a 22-23 milioni.
Il Piano, però, non è stato ancora reso noto. Secondo quanto indicato da Balduzzi in quell’occasione, il Piano dovrebbe contenere ”proposte di grande innovazione, come utilizzare la fibulina come marcatore tumorale predittivo, costituire una rete internazionale di banche dati di materiale biologico, standardizzare i modelli di presa in carico degli ammalati”. Uno dei nodi da affrontare sarà comunque quello dell’applicazione del Piano nelle Regioni, non tutte virtuose nel fornire i dati ad esempio su malattia e siti contaminati.
L’amianto è una delle minacce più serie alla sostenibilità ambientale e alla salute proprio per le sue caratteristiche di incorruttibilità e inestinguibilità, e il lungo intervallo di latenza tra l’aspirazione delle fibre e il percorso epidemiologico spiega la possibilità di un picco di casi di cancro a cavallo del 2020. Inoltre, se è vero che negli anni Settanta se ne estraevano 5 mln di tonnellate l’anno, oggi se ne estraggono comunque 2,5 mln: il problema continua dunque ad esistere, con l’aggravante che esistono Paesi in cui non c’è divieto all’estrazione, ma solo alla commercializzazione.