ROMA – In Calabria, nella zona tra tra Badolato e Serra San Bruno, nelle case arriva un’acqua marrone, che sa di candeggina e ruggine. Lo scrive ‘La Repubblica’ raccontando la storia di una strana privatizzazione, quella dell’acqua che viene dalla diga dell’Alaco, di un lago “malato” e della gente che protesta.
Racconta Paolo Rumiz per ‘Repubblica’ che quest’acqua è stata più volte dichiarato non potabile ma che poi le ordinanze di non potabilità sono state presto revocate. Ma chi si occupa dell’immissione nelle case di quest’acqua? Scrive ‘Repubblica’ che la raccolta e il pompaggio delle acque tocca a una società di diritto privato chiamata Sorical, posseduta al 46,5% dalla francese Véolia (che gestisce anche l’inceneritore di Gioia Tauro), mentre la distribuzione tramite le condutture spetta ai Comuni.
Scrive Repubblica: “La Sorical la eredita nel 2005 dalla Cassa del Mezzogiorno che l’ha appena messa in funzione. Una cattedrale nel deserto, costruita per spillare denaro pubblico in una zona umida con sabbie mobili e acque malariche. I fondali del lago artificiale non sono stati puliti e bonificati delle infiltrazioni di ferro e manganese contigue alle miniere borboniche di Mongiana. E quando, salutati dal plauso della politica, i francesi prendono in mano l’impianto dopo alcune migliorie, si ritrovano a mettere in rete un’acqua che grida vendetta rispetto alle fonti delle Serre”.
Si continua a leggere: “Nel 2010 persino la Regione Calabria, legata ai francesi, riconosce che qualcosa non va. L’Agenzia protezione ambiente dimostra che l’inquinamento viene dal lago, non dalla rete. Intervengono anche i Nas, che mettono sotto sequestro un serbatoio nel Vibonese. Nel gennaio di quest’anno il sindaco di Vibo dichiara l’acqua non potabile. Lo stesso accade in altri Comuni. Allora la gente chiede: riapriteci i vecchi pozzi che avevano acqua sicura. Ma non si può. Non sono più operativi. Qualcuno, veloce come il vento, li ha già disattivati”.