Qualunque progetto che dovesse portare a un’importante deviazione di acque del fiume Tsangpo-Brahmaputra in Cina non sarebbe ben visto dall’India, che si opporrebbe ad esso in tutti i modi possibili.
Questo è l’umore che si respira a New Delhi dopo che la stampa britannica ha rivelato gli sforzi dei lobbisti cinesi per trasferire dalle carte alla realtà la costruzione a Motuo, in Tibet, della più grande diga idroelettrica del mondo, capace di produrre fino a 38 gigawatt, la metà della potenza utilizzata in Gran Bretagna.
In assenza di posizioni ufficiali di Pechino nessun portavoce governativo indiano ha commentato le notizie di stampa, ma il tema della possibile costruzione di dighe cinesi sul Brahmaputra in Tibet, qui il fiume si chiama Yarlung Tsangpo, era stato evocato dal ministro dell’Ambiente indiano Jairam Ramesh durante un recente viaggio a Pechino. “Dai punti di vista politico ed ecologico – rispose il ministro ad una domanda – qualsiasi deviazione di acque sarebbe assolutamente inaccettabile”.
Alcuni giorni fa anche il ministro degli Esteri indiano, S.M. Krishna, durante un question time al Senato ha rivelato che durante una visita in Cina il governo aveva evocato un progetto che interessava il Brahmaputra riguardante, non la mega-diga di Motuo, ma un complesso di cinque sbarramenti di cui il primo a Zangmu, capace di generare 540 megawatt. “Il ministro degli Esteri cinese – ha dichiarato Krishna – mi ha assicurato che in questo progetto non vi saranno laghi artificiali né impatto per le regioni a valle”.
Cina e India non hanno stipulato accordi sull’uso delle acque dei fiumi che attraversano i territori dei due paesi. Tuttavia, in un recente incontro di esperti di questioni idrologiche svoltosi ad aprile a New Delhi, è stata presa la decisione ufficiale di condividere informazioni sui fiumi Sutlej e lo stesso Brahmaputra.