Clima, a Doha un accordo debole. Restano fuori i Paesi che inquinano

Manifestazione a Doha (foto Ansa)

DOHA – Un accordo minore, faticoso e in ritardo. Da Doha arriva il via libera alla seconda fase del protocollo di Kyoto ma restano fuori i Paesi grandi inquinatori. Alla 18/a conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a dare l’ok all’impegno a ridurre ulteriormente le emissioni di gas serra sono stati i paesi industrializzati dell’Unione europea con la Svizzera, la Norvegia e l’Australia.

Si sono tenuti fuori Usa, Canada, Giappone, Russia e Nuova Zelanda. Nessun impegno anche da Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa e da altri paesi emergenti.

Ecco i principali punti dell’accordo raggiunto alla conferenza sui cambiamenti climatici di Doha:

1. Il secondo periodo di impegno sull’accordo di Kyoto, dopo la prima fase che termina a fine dicembre di quest’anno, si sviluppa da gennaio al 31 dicembre del 2020. Esso riguarda l’unione europea, la Croazia l’Islanda e otto altri Paesi industrializzati di cui l’Australia la Norvegia e la Svizzera che insieme rappresentano il 15% delle emissioni globali del gas a effetto serra nel mondo.  In particolare la riduzione delle emissioni di Co2 dovra’ proseguire con un range fra il 25 e il 40 per cento rispetto ai livelli del 1990.    Ciascun  paese riesaminerà i suoi obiettivi di riduzione dei gas entro il 2014;

2. Aiuti finanziari ai Paesi del sud per fronteggiare i cambiamenti climatici: il testo di Doha spinge i paesi sviluppati ad annunciare nuovi aiuti finanziari quando le circostanze finanziarie lo permetteranno e a sottomettere all’incontro sul clima del 2013 di Varsavia le informazioni sulle loro strategie per mobilizzare fondi per arrivare a 100 mld di dollari per anno entro il 2020.

3. riparazione delle perdite e dei danni causati ai paesi del sud per il riscaldamento globale: A Varsavia saranno decisi accordi istituzionali per rispondere alla questione. Questo punto è stato oggetto di forti discussioni tra i Paesi del sud (che si ritengono vittime delle azioni del nord che hanno alterato il clima) e gli Stati Uniti che temono che un meccanismo possa portare ad a richieste legali di risarcimento e non vogliono sborsare piu’ di quanto gia’ previsto dagli accordi.

4. Verso un accordo nel 2015: l’accordo di Doha riafferma l’ambizione di arrivare ad un protocollo o un accordo che abbia forza giuridica alla conferenza dell’Onu del 2015 per entrare in vigore nel 2020 e riafferma l’obiettivo di giungere a limitare l’innalzamento della temperatura a +2 gradi. Questo accordo riguardera’ tutti i paesi e non solo quelli industrializzati compresi i grandi paesi emergenti e gli Stati Uniti.

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Emiliano Condò