ROMA, 3 OTT – La terra che scivola si paga con vite umane e risorse economiche: nei Paesi industrializzati ogni anno 6 miliardi di euro finiscono sotto le frane. Solo l'Italia ne spende in media un miliardo l'anno per i danni e le opere di ripristino che colpiscono un territorio per oltre il 70% 'fragile'.
Questi alcuni dei dati presentati al 'II Forum mondiale sulle frane', in corso alla Fao a Roma (77 Paesi presenti con quasi 700 delegati), organizzato da International programme on landslides (Ipl), con il nostro Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) impegnato in prima linea.
A livello mondiale a pagare di piu' in termini economici e' il Giappone con 1.500 milioni di euro che ogni vengono versati nelle casse del dissesto idrogeologico. Seguono gli Stati Uniti (1.200 milioni), l'India (1.300 milioni) e la Cina (500 milioni).
Il dato mondiale, sia sul numero di frane che sui danni economici, e' pero' sottostimato – dicono gli esperti dell'Ispra, Alessandro Trigila e Daniele Spizzichini – dal momento che mancano informazioni precise per molti Paesi, specie quelli in Via di sviluppo.
Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, intervenuto all'apertura del Forum, ''la riduzione dei danni e dei costi per la prevenzione del dissesto idrogeologico rappresenta una nuova opportunita' di crescita'', tenendo anche presente la ''stretta connessione tra la riduzione delle calamita' naturali, lo sviluppo delle nuove tecnologie e l'innovazione in campo industriale'', con l'obiettivo della ''sostenibilita'''. Tra le cause principali che innescano le frane ci sono, infatti, le precipitazioni intense, i terremoti, disboscamenti e abusivismo edilizio.
Secondo la mappatura delle frane in Italia – messa a punto dall'Ispra con un progetto relativo all'inventario dei fenomeni franosi – ne sono state censite oltre 486.000 (nell'Unione europea sono piu' di 712.000): una 'fragilita'', questa del Bel Paese, che interessa quasi il 7% del territorio, per una superficie pari a 20.700 chilometri quadrati.
I comuni coinvolti sono il 70% (5.708), di questi 2.940 sono catalogati con un livello di attenzione molto elevato dal momento che le frane, spiega Trigila, ''interessano le aree urbanizzate''.
Lungo la Penisola vengono inoltre segnalati 1.806 punti critici nel tracciato ferroviario e 706 in quello autostradale (Calabria, Liguria e Abruzzo le regioni piu' esposte; mentre tra le strade nazionali viene ricordata la Costiera Amalfitana).
La mappa delle aree 'rosse' – osservano gli esperti – serve soprattutto come strumento per la pianificazione (anche per osservazioni all'interno dei Piani regolatori), per conoscere e informare, e per supportare la gestione delle emergenze effettuata dalla Protezione civile.
In Italia, riflette il presidente dell'Ispra Bernardo De Bernardinis, c'e' ''la necessita' di continuare a conservare la cultura geologica nazionale che in questo momento e' in seria difficolta' sia sotto l'aspetto dei finanziamenti che per i riconoscimenti istituzionali".
Secondo il presidente del consiglio nazionale dei geologi, Gian Vito Graziano, il problema piu' importante e' che a fronte di ''un consumo di suolo spaventoso, pari a circa 500 chilometri quadrati all'anno, non corrisponde un'azione di prevenzione''.
In base alle informazioni fornite sulle Aree vulnerate italiane – un archivio realizzato dal Cnr sul XX secolo – le vittime per frane sono state oltre 7.000 e 162.000 gli sfollati. Soltanto nel 2010 si sono verificati 88 eventi franosi in Italia, con 17 vittime, 44 feriti e 4431 evacuati.
