L’atollo è usato dai lussuosi hotel per eliminare i rifiuti lasciati dai turisti stranieri. Le autorità locali hanno deciso di vietare l’attracco alle barche cariche di spazzatura provenienti dai resort “fino a quando sarà emanato un nuovo regolamento per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani”. Un responsabile del municipio di Malé, Ibrahim Shanju, ha aggiunto che Thilafushi sarà ”ripulita e che poi lo smaltimento potrà avvenire solo seguendo certe norme”. Si pensa di appaltare a società indiane la bonifica del sito.
Sotto accusa ci sono gli hotel, che sono tenuti a eliminare in loco i propri rifiuti, ma che non lo fanno per non contaminare con cassonetti o, peggio, fumi maleodoranti i loro ”paradisi incontaminati”. ”Ogni resort dovrebbe avere un inceneritore, un compattatore, un trituratore per le bottiglie di plastica e un sistema per stoccare gli oli esausti” ha tuonato il vicedirettore del ministero del Turismo, Moosa Zameer Hassan.
Destinata circa 20 anni fa a principale discarica, l’ormai ex laguna con barriere coralline di Thilafushi si è progressivamente riempita di scarti fino a diventare un vasto isolotto maleodorante e con perenni pennacchi di fumo. Con il tempo si sono insediate anche alcune industrie di cemento e officine per la riparazione delle barche. Ma a preoccupare di più gli ambientalisti è la presenza nel sottosuolo di sostanze nocive come asbesto, cadmio e altri veleni che si sono accumulati con gli anni e che ne fanno una potenziale “bomba ecologica” per il fragilissimo ecosistema.
Come il resto del famoso arcipelago che emerge di appena un metro dal livello del mare, “l’atollo della spazzatura” è a rischio inabissamento a causa del cambiamento climatico.