“Uccideteli non ripuliteli”: per gli uccelli straziati dagli effetti della marea nera sarebbe meglio l’eutanasia, ripulirli assicurerebbe la sopravvivenza a un numero inferiore all’1%. Lo afferma una biologa tedesca al quotidiano “Der Spiegel”.
“Anche se gli sforzi per ripulire gli uccelli e rilasciarli di nuovo possono avere successo – spiega Silvia Gaus, esperta del parco nazionale Wattenmeer sul mare del Nord – gli studi dimostrano che il tasso di sopravvivenza a medio termine è inferiore all’1%”. Secondo lo U.S. Fish and Wildlife Service, fino a questo momento più di 1000 uccelli colpiti dalla marea nera sono stati trovati in Louisiana, di cui circa 500 già morti e il resto ‘ospedalizzati’.
“Già la cattura e la ripulitura sono eventi che provocano uno stress potenzialmente letale all’animale – continua Gaus, che ha lavorato al recupero degli uccelli dopo l’incidente della petroliera Pallas nel mare del Nord nel 1998 – inoltre il carbone attivo e le altre sostanze che si somministrano per prevenire gli effetti velenosi dell’ingestione del petrolio non sono efficaci, e gli uccelli muoiono per problemi al fegato e ai reni”.
Molto spesso la prima causa di morte in questi casi è la fame, spiega ancora l’esperta: quando gli uccelli sono ricoperti di petrolio infatti iniziano a pulirsi da soli con il becco e la lingua, e questo istinto prevale su quello di nutrirsi finché non si sentono ‘puliti’.