La coltre nera di petrolio che si va allargando nel Golfo del Messico funziona da ‘tappo’ a tutta la vita marina, soffocando alghe e organismi che vivono sotto la superficie. Crostacei, molluschi e pesci muoiono per l’alta tossicità sia degli idrocarburi che dei solventi utilizzati per la dispersione, a quanto riferisce l’Ansa.
Per quanto riguarda gli uccelli, per pulirsi il piumaggio ingeriscono il petrolio che provoca gravi alterazioni agli organi interni. Uno sconvolgimento che per arrivare a un primissimo squarcio di ripristino ha bisogno di almeno dieci anni, che possono arrivare anche a 30-50 anni.
Fino a mezzo secolo, dunque, per gli animali che vivono in un ecosistema di acqua marina o dolce dopo uno sversamento da petrolio e idrocarburi. Un tempo che varia a seconda delle specie, del loro ciclo di riproduzione, dell’ entità del danno e dell’ambiente dove si trovano.
A fare il punto sono alcuni esperti. “Quella – ha detto l’ecologo marino Giuseppe Notarbartolo di Sciara, dell’Istituto Tethys, un’organizzazione non governativa che si occupa dello studio e la tutela del mare – è una zona dove i delfini, i tursiopi in modo particolare, sono abbastanza abbondanti ed è chiaro che quando il loro habitat viene investito da una marea nera come questa ne soffrono inevitabilmente per tanti motivi. Il primo è che per respirare devono venire in superficie dove c’é la massa di greggio, si imbrattano e inalano sostanze irritanti per gli occhi, per la gola e per tutto l’apparato respiratorio”. Inoltre se viene distrutto il loro habitat vengono distrutte anche le loro prede”. A rischio non sono solo i delfini, visto che, ha riferito Notarbartolo, sono 31 le specie di mammiferi marini che popolano quella zona.
Gli effetti che possono subire gli animali, spiega Eva Alessi, tossicologa del Wwf, sono la morte per tossicità , l’aumento del rischio di cancro, mutazioni del dna, sterilità , apparato digerente troppo grande o troppo piccolo. “Gli uccelli marini sono le vittime più conosciute – precisa – un effetto macroscopico è la perdita di idrorepellenza del piumaggio, che non consente più l’isolamento termico e provoca la morte per ipotermia. Per ripulirsi col becco ingeriscono il petrolio, che provoca gravi alterazioni agli organi interni”.
Ma a rimanere danneggiati sono anche crostacei, molluschi e pesci, molti dei quali muoiono per tossicità acuta degli idrocarburi e dei solventi utilizzati per la dispersione. Colpite anche le larve e le uova; figli sterili o con altre gravi malformazioni genetiche, con le pinne che non funzionano più, l’apparato digerente che diventa più piccolo o più grande.
Il petrolio riduce inoltre la quantità di luce che penetra nell’acqua, necessaria alla vita di alghe e altri organismi acquatici. In generale, secondo Ennio Marsella, geologo marino del Cnr, “se gli interventi di arginamento, pulitura e ripristino ambientale vengono fatti tempestivamente, i danni provocati da petrolio e idrocarburi a flora e fauna marina si recuperano nel giro di una-due generazioni per ciascuna specie. I tempi variano a seconda del ciclo vitale e riproduttivo dell’animale”.
