Marea Nera. La Bp rinuncia anche alla mini-cupola, al suo posto un tubo

La Bp ha abbandonato il secondo tentativo di fissare una nuova cupola sulla perdita di greggio sul fondo del Golfo del Messico. Al suo posto i tecnici tenteranno di bloccare la fuoriuscita di 5.000 barili al giorno “inserendo” con dei robot sottomarini “un tubo di 15 centimetri all’interno” della falla a 1.525 metri di profondita. Il tubo servirà a “pompare il greggio in una petroliera in superficie”. Lo ha reso noto il portavoce del gigante petrolifero britannico John Crabtree, specificando che il tentativo “sara’ effettuato venerdi’ mattina”.

Dopo il fallimento della maxi-cupola della scorsa settimana, inutilizzabile perché a 1.500 metri di profondità si era formato del ghiaccio sulla sua superficie, anche la soluzione alternativa è risultata vana. La multinazionale britannica, sempre più nel fuoco delle critiche, ammette che avrebbe dovuto fare di più per prepararsi all’eventualità di un incidente come l’esplosione del 20 aprile della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, con 11 morti e oltre cinquemila barili quotidiani che fuoriescono dal pozzo.

L’Amministratore delegato della Bp, Tony Hayward, dopo averlo negato recisamente per giorni non esclude ormai le proprie dimissioni. La mia situazione, ha detto il Chief executive officer (Ceo) del gruppo petrolifero in una intervista, “potrebbe naturalmente modificarsi” con gli ultimi sviluppi. E’ vero che le accuse contro la British Petroleum, cui la vicenda potrebbe costare svariati miliardi di dollari, sono sempre più pesanti, come evidenziato dal Congresso degli Stati Uniti. Secondo il presidente della commissione d’inchiesta ad hoc, il democratico Barte Stupak, la piattaforma era “tutto tranne che sicura”, e secondo il Washington Post c’erano almeno quattro problemi gravi sulla Deepwater Horizon, tra cui quelli alla valvola principale, che non avrebbe funzionato come dovuto.

“Più impariamo sull’incidente e più sono preoccupato – ha aggiunto un deputato democratico, il californiano Henry Waxman – sembra che la catastrofe sia stata causata da una serie di fallimenti dell’equipaggiamento e nelle procedure”. Il primo problema è una perdita nel sistema idraulico che avrebbe dovuto fornire energia a delle ‘cesoie’ che dovevano entrare in azione tagliando e sigillando il pozzo in caso di incidente, e avrebbero addirittura subito una serie di modifiche, non comunicate alla Bp, due giorni prima dell’incidente.

Oltre alla Bp, anche la proprietaria della piattaforma, la Transocean, è sempre più nel mirino delle critiche, ma starebbe prendendo alcune misure di difesa. Secondo il Wall Street Journal, la società svizzera ha presentato oggi un ricorso presso un tribunale Usa chiedendo di limitare la propria responsabilità per danni a un tetto di 27 milioni di dollari. Il ricorso, presentato a un tribunale di Houston, in Texas, si basa su una vecchia legge di un secolo e mezzo fa, varata a suo tempo per difendere gli armatori Usa dalla concorrenza delle navi con bandiera di comodo.

I ricorsi contro la Transocean, come quelli contro la Bp, rischiano di essere numerosi, per un importo totale di svariati miliardi di dollari, e la mossa dei legali del numero uno delle trivellazioni offshore avrebbe in realtà l’obiettivo di guadagnare tempo, secondo il quotidiano newyorchese.

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