Marea nera: L’intera costa del Golfo del Messico inquinata, greggio arrivato anche in Texas

Mentre a Londra il governo britannico studia un piano su come salvare la BP, nel Golfo del Messico continua senza sosta, ma con scarsi risultati, lo sforzo di venire a capo di un’emergenza che pare non avere fine. A 78 giorni dall’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon, l’unico dato inconfutabile e’ questo: sul fondo del mare il petrolio continua ad uscire a fiotti, mentre in superficie l’uomo, nonostante tutti i tentativi messi in campo, non sa come fermarlo.

Dopo aver toccato le coste di Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida, ora la marea nera ha raggiunto anche le coste del Texas. Tracce evidenti di catrame sono state segnalate sulle spiagge di Crystal Beach e Galveston. Le analisi hanno accertato che si tratta di petrolio proveniente dal pozzo della BP. I tecnici al lavoro hanno predisposto nuovi tentativi per cercare di arginare la marea nera.

Mentre continuano i test sulla A Whale, la nave aspira-petrolio che dovrebbe entrare in funzione nella zona del pozzo entro la settimana, la Marina americana ha predisposto l’impiego di un enorme dirigibile. Si chiama MZ-3A, e’ lungo 54 metri e avra’ il compito di dirigere dall’alto le operazioni di pulizia, coordinando gli interventi delle diverse navi raccogli-petrolio (skimmer) impegnate (550 finora).

Il dirigibile avrebbe dovuto entrare in funzione mercoledi, ma le cattive condizioni meteorologiche sul Golfo hanno indotto la Marina a ritirarne l’impiego fino a venerdi’. Secondo la Marina, il dirigibile sara’ piu’ efficace degli elicotteri attualmente in funzione. Puo’ restare in volo molto piu’ a lungo, a costi inferiori e su un’area piu’ grande.

Nel frattempo, continuano gli attacchi all’amministrazione Obama circa le responsabilita’ avuta nell’emergenza marea nera. Oggi il Wall Street Journal ha reso noto che pochi mesi dopo essersi insediata, l’amministrazione Obama ricevette una serie di avvisi ufficiali circa i rischi riguardanti le procedure che regolano le attivita’ delle piattaforme petrolifere in mare aperto.

In particolare, una corte di appello federale di Washington DC sottolineo’ che le regole vigenti in materia di trivellazioni erano talmente ”irrazionali” da rendere il governo impreparato ad affrontare un eventuale incidente. Per questo la Corte congelo’ quel tipo di trivellazioni. Ma l’amministrazione, anche su pressione delle compagnie petrolifere, decise di fare ricorso, sostenendo che un eventuale stop dei pozzi avrebbe avuto ”conseguenze finanziarie significative sul governo federale”. La Corte accolse il ricorso.

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lgermini