Ghiacciaio sul Monte Bianco a rischi scioglimento (Ansa)
ROMA – Oceani sempre più caldi, ghiacciai che si sciolgono a velocità doppia, cicloni sempre più frequenti. Non è Greta stavolta a terrorizzare scettici e distratti sui cambiamenti climatici, ma il rapporto più aggiornato dell’Onu. “Gli oceani si sono riscaldati senza interruzione dal 1970 e hanno assorbito più del 90% del calore in eccesso del sistema climatico. Dal 1993, il tasso del riscaldamento dell’oceano è più che raddoppiato. Le ondate di calore marine sono raddoppiate in frequenza dal 1982 e stanno aumentando in intensità”.
Lo scrivono i ricercatori dell’l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nel rapporto “Oceano e criosfera in un clima che cambia”, diffuso stamani. “Assorbendo più CO2, l’oceano è stato sottoposto a un aumento della acidificazione della superficie – si legge ancora nel rapporto -. Una perdita di ossigeno è avvenuta dalla superficie fino ai 1000 metri di profondità (l’acqua più calda in superficie assorbe meno ossigeno e tende a scendere meno, portando meno ossigeno anche in profondità, n.d.r)”.
Significa che il mare potrebbe sollevarsi di altri 84 centimetri entro fine secolo. Che i ghiacciai perderanno in media più di un terzo della loro massa nello scenario più grave, con quello dell’Himalaya a rischio estinzione entro il 2100
“Il livello medio del mare sta salendo – scrivono i ricercatori – con una accelerazione nei decenni recenti a causa dell’aumento dei tassi di perdita di ghiacci della Groenlandia e dell’Antartide”. “Dalla metà del 20/o secolo – scrive ancora l’Ipcc – la riduzione della criosfera nell’Artico e nelle aree di alta montagna ha portato a impatti in gran parte negativi su sicurezza alimentare, risorse idriche, qualità del’acqua, mezzi di sussistenza, salute e benessere, infrastrutture, trasporti, turismo e tempo libero, specie per le popolazioni indigene”.
“Lo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost sulla terraferma e il riscaldamento dei mari hanno modificato gli ecosistemi marini, costieri e terrestri – si legge ancora nello studio -, modificando la vegetazione e costringendo gli animali a spostarsi”. (fonte Ansa)