ROMA – Passeri sempre più solitari nei cieli di Roma. Un rapporto della Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) dice che i passeri nella Capitale sono diminuiti del 70%. Un fenomeno che è iniziato negli anni 70. Una serie di fattori contribuiscono alla sempre maggiore “solitudine del passero”: un habitat urbano sempre meno a misura di nido (meno tetti, meno alberi, meno spazi di verde) e l’aumento dei predatori naturali, fra cui la gazza. Spiega Laura Larcan sul Messaggero:
“L’allarme arriva direttamente dalla Lipu, la Lega italiana protezione Uccelli, che sui cieli della Capitale sta effettuando studi sempre più mirati, non da ultimo il progetto di birdwatching durato due anni al Colosseo, in sinergia con il Mibact. Il fenomeno è complesso, ha dinamiche molto variegate che intrecciate tra di loro innescano una reazione micidiale. «Una causa accertata è che trovano sempre meno cibo, soprattutto meno insetti di cui hanno bisogno quando allevano i piccoli», racconta Marco Dinetti responsabile nazionale ecologia urbana Lipu. Possibile?
Secondo Dinetti, sono diminuiti gli spazi incolti e i prati con fioriture spontanee, mentre i giardini domestici sono gestiti intensamente con prati all’inglese e trattamenti con pesticidi. Sul tavolo pesa anche il fattore “architettonico”. «Il cuore storico della città offre ancora tante soluzioni di tetti, ma l’edilizia moderna è più lineare, ha meno fessure, condizione che non aiuta i passeri a nidificare», avverte Dinetti. Da mettere in conto anche la predazione, con l’aumento di specie autoctone come la gazza (che a differenza del passerotto si avvantaggia dello sviluppo urbanistico).
Ma i fattori di pericolo per la vita dei passerotti sembrano quelli più inaspettati: «I pannelli trasparenti lungo il Grande raccordo anulare, e le barriere contro il rumore, sono una trappola micidiale, perché questi piccoli volatili non riescono a vederle e vi sbattono contro ferendosi a morte – riflette Dinetti – Incidenti analoghi avvengono purtroppo con le grandi vetrate e porte finestre». Le cause sono tante, e tutte insieme hanno messo in moto il declino di questa specie.
Dati alla mano, la popolazione di Passera d’Italia (Passer italiae) non altro che il comune “passero” o “passerotto” aveva cominciato a registrare un drastico calo già a partire dal 1970. Nei trent’anni successivi si è ridotta vertiginosamente di oltre il 70%. Ma la tendenza alla diminuzione è confermata anche nell’ultimo decennio. Dati che verranno discussi il 20 settembre nel convegno nazionale di Ornitologia che si terrà in Abruzzo, presso Caramanico Terme (Pescara).
E mentre i passeri spariscono, si moltiplicano specie “alloctone” come pappagalli, scoiattoli grigi, criceti russi e tartarughe dalle guance rosse. Per non parlare dei cinghiali, delle volpi e soprattutto dei gabbiani. Spiega il Messaggero:
«Esiste un problema di specie non autoctone che arrivano a naturalizzarsi, non appartengono a questi territori ma qui si abituano a vivere», spiega Ilaria Ferri, esperta di gestione animale e ambientale. «Alcune non sono dannose, altre possono diventarlo per la biodiversità, conquistano nicchie ecologiche di altri animali e li minacciano». Pappagalli parrocchetti o amazzoni, ormai la città è piena. «È stata consentita la vendita di scoiattoli grigi che poi abbandonati e messi in libertà entrano in competizione con gli scoiattoli rossi e neri perché sono più resistenti».
Nei laghetti dei parchi si vedono tartarughe sempre più grosse. «Sono quelle a guance rosse, provenienti dagli Stati Uniti. Quando vengono acquistate sono piccole come una moneta poi crescono e molti le abbandonano. Mangiano le uova delle nostre tartarughe emys e le minacciano», aggiunge l’esperta. «A Castel Fusano e in altri parchi si moltiplicano i criceti russi. Un gruppo di lavoro di veterinari ed etologi sta lavorando a un progetto di legge per vietare la vendita di specie alloctone, , ossia non originarie di questi territori. Il business dell’importazione di animali crea anche problemi sanitari, c’è il rischio di far arrivare malattie».
E i gabbiani, i cinghiali, le volpi e i tanti animali nuovi che si vedono in città? «Si tratta di fenomeni diversi. I gabbiani hanno invaso i centri abitati perché qui trovano la spazzatura. Il problema non è risolvibile se non gestendo diversamente i rifiuti, abbattere o allontanare i gabbiani non serve». Diverso il discorso per i cinghiali. «Sono sempre di più a causa dei programmi di ripopolamento per i cacciatori e perché vanno sparendo i lupi».