ROMA – Pesticidi: la terbutilazina invade le acque del bacino del Po. E’ un potente pesticida, gli agricoltori lo usano per ottenere frutta e verdura più gradevole all’occhio e quindi più allettante sui banchi perché riduce la presenza dei parassiti: la terbutilaziona, succedanea della atrazina da anni ormai vietata, è giudicata dagli scienziati pericolosa per l’uomo, ma intanto ha invaso le acque del bacino del Po.
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) lancerà un appello per segnalare la persistenza del pesticida che se in superficie viene in qualche modo smaltito in tempi ragionevoli (grazie anche all’azione dei batteri che ne inghiottono letteralmente le molecole), quando scende in profondità ha una persistenza che può durare centinaia di anni.
Contaminando le falde acquifere, i pozzi, dove le concentrazioni del nocivo pesticida si mantengono inalterate e quindi a livelli di tossicità insostenibili a lungo termine, ISPRA può sostenere l’utilità di questo allarme a ragion veduta, visto che ha monitorato il corso e il bacino del Po per una dozzina d’anni osservando proprio le variazioni della concentrazione di atrazina, in superficie e in profondità. Dal momento che la legale terbutilazina è simile per composizione chimica alla illegale atrazina, ISPRA può prevederne la concentrazione attuale futura nelle acque del Po. Pietro Paris, responsabile del Settore Sostanze Pericolose di ISPRA, ha raccontato alla Stampa i risultati della ricerca e i rischi per l’uomo.
Sembrerà assurdo, ma quando l’atrazina è stata tolta dal commercio è stata sostituita con la terbutilazina, una sostanza della stessa famiglia, che ha caratteristiche chimiche molto simili. E’ stata recentemente classificata dall’Agenzia Europea per le sostanze chimiche (ECHA) pericolosa per l’uomo e per l’ambiente. E in questo momento è uno degli erbicidi selettivi più venduti in Italia. “Abbiamo fatto il confronto fra gli andamenti delle concentrazioni in acqua dell’atrazina e della terbutilazina” dice Paris. “L’atrazina, a differenza della seconda, è ormai una sostanza “morta” dal punto di vista agronomico, mentre la terbutilazina in uso ha picchi stagionali collegati al ciclo dell’agricoltura. Il confronto è utile anche a capire quello che potrà succedere in futuro: con alta probabilità anche la terbutilazina permarrà per decenni nelle acque.” (Cristina Bellon, La Stampa)