da: La Repubblica
Ormai, ha scritto Antonio Cianciullo,
in discussione non è più il “se succede”, ma il “quanto costa”. Date per scontate le ammaccature che il secolo del petrolio ha inflitto all’atmosfera, i tecnici hanno cominciato a calcolare i danni prodotti dai gas serra che salgono dai tubi di scappamento delle auto, dalle ciminiere industriali e dalle foreste in fiamme. L’elenco è da brivido: coste sommerse, acqua che arriva con il contagocce, colline che smottano per le alluvioni, malattie tropicali che avanzano. Un quadro che oltretutto in alcune regioni tende ad aggravarsi rendendo necessaria un’analisi di dettaglio.
A delineare il futuro dell’Italia ha pensato l’Enea che, assieme alla Fondazione Enrico Mattei e al ministero dell’Ambiente, ha reso noto ieri uno studio sulla vulnerabilità climatica del nostro Paese (“La risposta al cambiamento climatico in Italia”). Le aree costiere a rischio sono 33, per un totale di 4.500 chilometri quadrati. Si tratta in alcuni casi di zone paludose bonificate, di terreni al di sotto del livello del mare tenuti all’asciutto grazie alle idrovore e a instabili cordoli di terreno.
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