ROMA – Stop del Tar del Lazio al decreto Clini, quello che imponeva il trattamento di una parte dei rifiuti della capitale in altri quattro impianti del Lazio. I giudici hanno emesso un’ordinanza sospensiva accogliendo il ricorso presentato dal Comune di Albano, dalla Provincia di Frosinone e dal Saf, società quest’ultima che gestisce il trattamento dei rifiuti indifferenziati di Collefelice.
I quattro impianti che, lo scorso 15 gennaio, il commissario Goffredo Sottile aveva individuato in ottemperanza al decreto Clini, sono quelli di Albano laziale (Roma), Viterbo, Colfelice e Castelforte (Latina). Lo smistamento di una parte dell’indifferenziata di Roma, Fiumicino, Ciampino e Stato del Vaticano doveva servire a scongiurare l’emergenza rifiuti nella Capitale per il dopo Malagrotta.
E’ di appena due giorni fa l’allarme lanciato dal ministro Clini: “Se il Tar accetta il ricorso Roma è a rischio emergenza“, aveva detto. Ora, con la decisione del tribunale amministrativo, i tempi per la chiusura di Malagrotta, prevista entro 100 giorni a partire dal primo gennaio, si allungheranno.
Il Tar del Lazio scrive nell’ordinanza sospensiva che i singoli provvedimenti e il decreto ministeriale sul tema dei rifiuti “risultano essere stati adottati sul presupposto di una ritenuta grave criticità circa l’intero ciclo di gestione dei rifiuti nella Capitale, ma non sembrano contemplare quella vera e propria situazione di emergenza ambientale che è stata invece invocata in giudizio dalla difesa dell’Amministrazione al fine di giustificare la loro adozione”.
I giudici sottolineano anche l’esistenza di “carenze e contraddittorietà” nel decreto del ministro e del Commissario per l’emergenza rifiuti “che non consentono, allo stato, di individuare profili di coerenza, utilità e ragionevolezza delle misure adottate in relazione all’interesse pubblico dichiaratamente perseguito”. Nel passaggio finale i giudici bloccano i decreti sollecitando un ‘‘successivo riesame dell’intera questione da parte degli organi competenti”.