ROMA – La primavera stenta ad arrivare e con essa le rondini. Solo il 10-15% delle rondini è già arrivata in Italia per riprodursi, mentre le altre sono ancora in nord Africa, scrive il Corriere della Sera. I ricercatori hanno poi scoperto che negli ultimi 10 anni il numero delle rondini è diminuito del 50% in Italia e che la rotta seguita per la migrazione primaverile è ben più lunga di quella autunnale.
Nicola Saino, professore ordinario di ecologia all’Università di Milano, ha spiegato al Corriere della Sera:
“A parte quelle poche (circa il 10-15 per cento) che sono già arrivate sulla nostra penisola, la maggior parte si sta affacciando ora sulle coste del Nord Africa. Si tratta di individui adulti, cioè di due o più anni d’età: i più giovani devono infatti ancora mettersi in viaggio perché stanno ultimando la muta del piumaggio”.
I ricercatori hanno poi scoperto che in autunno le rondini percorrono la strada tra l’Italia e il sud del Sahara secondo una rotta di “appena” 4mila chilometri, ma il viaggio di ritorno è ben più lungo. Dal nord Africa, dove svernano per la muta del piumaggio, all’Italia, dove vengono a riprodursi, le rondini percorrono ben 7mila chilometri:
“Se in autunno la loro rotta è pressoché una linea retta con direzione nord-sud, in primavera descrivono un itinerario più articolato che si snoda lungo le coste africane dell’Atlantico fino allo stretto di Gibilterra, passa per la penisola iberica e attraversa la Francia meridionale per arrivare in Italia”.
La causa della diversità tra le due rotte seguite sarebbe legata ai cambiamenti climatici e dunque alla scarsità di cibo, spiega Saino:
“L’allungamento della rotta sembra essere una necessità per questi migratori di lungo raggio che incontrano condizioni ambientali non ottimali sulla loro via”, illustri il ricercatore. “Le nostre rondini prima di partire da Nigeria, Gabon, Camerun e Rep. Centrafricana, devono infatti ingrassare e accumulare riserve per attraversare il Sahara, e successivamente devono ancora rifocillarsi prima di superare il Mediterraneo. I cambiamenti climatici, e la conseguente scarsità di cibo, le obbligano ad allungare il loro itinerario”.
Dietro il cambio di rotta, spiega il Corriere della Sera, ci sarebbe anche una “tabella di marcia“:
“Le rondini devono infatti osservare una tabella di marcia che prevede una routine annuale molto compressa, fatta dal susseguirsi di riproduzione, migrazione e muta del piumaggio. A fine estate non c’è dunque tempo da perdere. Tenendo conto che la migrazione è in un certo senso tempo sprecato, alle rondini conviene tagliare dritto per arrivare al più presto nella prima fascia utile a sud del Sahara, dove almeno possono iniziare a mutare il piumaggio. Un’operazione, questa, che le obbliga a stare ferme in un luogo per quattro mesi circa, e che deve essere rigorosamente ultimata prima di poter ripartire per le nostre latitudini”.
A minacciare il ritorno delle rondini in Italia non è solo il lungo cammino, ma la strage di esemplari che si consuma in Africa, dove gli uccelli vengono cacciati e mangiati, spiega Saino:
“Continua infatti la strage di decine di migliaia di rondini: in Nigeria vengono catturate di notte con lunghe aste ricoperte con una sostanza vischiosa; nella Rep. Centrafricana e in altre regioni le catturano facendo roteare in aria un amo innescato con una termite”.
Ma come evitare che le rondini vengano uccise? Il Corriere della Sera lo spiega:
“Ad esempio si potrebbero incentivare le snail farms, piccoli allevamenti di grosse lumache del genere Achatina che si avviano con alcune migliaia di euro e che possono essere una notevole risorsa alimentare; istituendo servizi di sorveglianza alle rondini svolti dai giovani del posto; favorendo il turismo naturalistico sostenibile o promuovendo progetti di conservazione già attuati in parte da alcune istituzioni e organizzazioni locali”.