Il metodo di calcolo approntato dalla Ue, inoltre, penalizza maggiormente le compagnie di dimensioni nazionali o europee, che fanno molti voli, brevi e frequenti. Meno sofferenze invece per le compagnie proiettate sui voli intercontinentali, che viaggiano strapieni su percorsi lunghissimi e cadenze rarefatte. Non a caso durante il negoziato di due anni fa l’Italia aveva proposto due diversi indici, uno per i voli intercontinentali e uno per le linee interne all’Europa. Posizione, quella italiana, inascoltata. “Inoltre il meccanismo di calcolo conta lo “storico” dei consumi – aggiunge Sabelli – ma la nuova Alitalia è partita nel gennaio 2009 con la flotta più giovane d’Europa: viene colpito chi, come noi, più investe in motori nuovi a basse emissioni”.
Senza contare lo svantaggio a livello di concorrenza: il rincaro dei costi avvantaggerà chi non passa per l’Europa. Come sta facendo Emirates (con base a Dubai), che cerca di assicurarsi il mercato tra Est e Ovest del mondo saltando l’Europa. “Un aereo che farà la linea (poniamo) Tokyo-Roma pagherà le emissioni dell’intero viaggio. Un aereo che farà scalo a Dubai pagherà le emissioni del solo tratto Dubai-Roma e inquinerà di più”, conclude Sabelli.
