Fattore Ue sui conti Alitalia. Tassate le emissioni di CO2 degli aerei

ROMA – Dal primo gennaio 2012 le tariffe delle linee aeree che fanno scalo in Europa costeranno di più, a meno che non si raggiunga un accordo in extremis con l’Unione Europea per cambiare o perlomeno congelare l’applicazione della direttiva sul contenimento dell’emissione di anidride carbonica. Cresceranno le tariffe, come primo effetto, perché le compagnie dovranno sostenere una forma di tassazione per contribuire a ridurre le emissioni responsabili dei cambiamenti climatici. L’Alitalia, supportata anche dal Governo, si oppone fermamente alla sentenza della Corte di Giustizia Europea fatta propria dalla Ue di includere le compagnie aeree nell’Emission Trading System. Un complicato meccanismo  che vincola alcuni settori a forte intensità energetica a  un tetto massimo di emissioni, una specie di mercato dove la quantità di emissioni è quotata  e può essere scambiata (chi eccede può comprare prestiti da chi emette meno del previsto). Per fare un esempio, una tonnellata di anidride carbonica vale circa 10 euro.  Il divario della stima dipenderà soprattutto da quali quotazioni avranno i diritti europei di emissione di CO2, quelli che l’amministratore delegato di Alitalia Sabelli chiama “i punti verdi”.

Sia il ministro Stefania Prestigiacomo che Sabelli, concordano: questa direttiva penalizza pesantemente le compagnie a medio e corto raggio in generale e Alitalia in particolare. “Stimiamo un danno per i nostri bilanci compreso tra i 30 e i 70/80 milioni di euro in tre anni”  calcola Sabelli. Sarebbe una bastonata per i fragili equilibri appena raggiunti dalla compagnia italiana, dopo gli anni bui della ristrutturazione seguiti alla fusione con Air France. In effetti colpire il settore dell’aviazione civile, responsabile per non più del 3% delle emissioni globali di CO2, appare abbastanza sproporzionato, anche condividendo la bontà dell’obiettivo di fondo. Dal 1 gennaio gli aerei verrebbero di fatto assimilati associati agli inquinatori su vasta scala rappresentati dai grandi complessi industriali. Ma, per rimanere nell’ambito dei trasporti, lo stesso trattamento, quasi punitivo, non viene riservato alle automobili che invadono i centri abitati, ai camion e ai mezzi pesanti in genere, ai pullman carichi di turisti e pellegrini che infestano l’aria ad altezza uomo senza attendere che i gas di scarico si trasformino in statistiche terrorizzanti nella stratosfera.

Il metodo di calcolo approntato dalla Ue, inoltre, penalizza maggiormente le compagnie di dimensioni nazionali o europee, che fanno molti voli, brevi e frequenti. Meno sofferenze invece per le compagnie proiettate sui voli intercontinentali, che viaggiano strapieni su percorsi lunghissimi e cadenze rarefatte. Non a caso durante il negoziato di due anni fa l’Italia aveva proposto due diversi indici, uno per i voli intercontinentali e uno per le linee interne all’Europa. Posizione, quella italiana, inascoltata. “Inoltre il meccanismo di calcolo conta lo “storico” dei consumi – aggiunge Sabelli – ma la nuova Alitalia è partita nel gennaio 2009 con la flotta più giovane d’Europa: viene colpito chi, come noi, più investe in motori nuovi a basse emissioni”.

Senza contare lo svantaggio a livello di concorrenza: il rincaro dei costi avvantaggerà chi non passa per l’Europa. Come sta facendo Emirates (con base a Dubai), che cerca di assicurarsi il mercato tra Est e Ovest del mondo saltando l’Europa. “Un aereo che farà la linea (poniamo) Tokyo-Roma pagherà le emissioni dell’intero viaggio. Un aereo che farà scalo a Dubai pagherà le emissioni del solo tratto Dubai-Roma e inquinerà di più”, conclude Sabelli.

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Warsamé Dini Casali