ROMA – I terremoti che hanno scosso la Val Padana sono eventi sismici profondi, con ipocentri fino a 60 km di profondità, che l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) sta analizzando con cura. L’Ingv sta incrociando i dati sugli eventi sismici che si sono verificati e lo stoccaggio geologico di anidride carbonica (CO2), come previsto dal decreto legge 162/2011 e dalla Direttiva Europea 31/2009, che l’istituto italiano nella Ue è stato il primo a recepire. Il problema infatti è comprendere se, dopo i terremoti del nord Italia, sia ancora possibile uno stoccaggio geologico di CO2 sia entro terra che off-shore.
Lo stoccaggio geologico di CO2 mira a riportare nel sottosuolo le emissioni di questo gas serra sotto forma ossidata, riducendo così l’inquinamento dell’aria. L’anidride carbonica infatti non costituisce un inquinante per il sottosuolo ed il suo stoccaggio permetterebbe di raggiungere i limiti di emissione di gas serra fissati dal protocollo di Kyoto.
Fedora Quattrocchi, della Ingv, ha spiegato che “nulla è cambiato rispetto alla prospettiva di lavoro precedente agli ultimi terremoti padani, sia test-sites di tipo pilota entroterra, che dimostrativi off-shore o volendo anche entro terra sono allo studio di fattibilità e continuano ed esserlo. Per noi di Ingv è anche interessante far notare che anche per una scossa ben risentita come quella di magnitudo 5.4 nell’intorno di Reggio Emilia, non si sono avuti effetti di alcun tipo sui siti di stoccaggio gas naturale che insistono sulla val Padana stessa, anche perchè le profondità dei terremoti registrati normalmente e di questi più profondi ancora, sono estremamente lontane dai reservoir di stoccaggio dell’italia del Nord”.
L’Ingv ha elaborato una mappa per localizzare le aree idonee allo stoccaggio di anidride carbonica, mappa che è stata pubblicata sulla rivista internazionale Energy nel 2011.