Troppo caldo o troppo freddo? Aumenta la violenza, cadono i regimi

Troppo caldo o troppo freddo? Aumenta la violenza, cadono i regimi

ROMA – Troppo caldo o troppo freddo? Aumenta la violenza, cadono i regimi. La relazione tra clima e violenza tra gli uomini non è certo una novità. Tre scienziati americani hanno fornito una dimostrazione basata su 60 studi secondo cui gli scarti violenti di temperature producono modificazioni ambientali che influenzano i livelli di aggressività. Secondo il team di scienziati, che ha pubblicato lo studio su Science, in base alle attuali stime sui cambiamenti climatici, il mondo è destinato a diventare un luogo più violento.

Tra gli esempi c’è l’aumento delle violenze domestiche in India durante la siccità e un’impennata del numero di casi di aggressioni, stupri e omicidi durante le ondate di caldo negli Usa. Fondamenti scientifici che determinino nessi di causa ed effetto non ci sono, e per fortuna: non si può dire, infatti, che le popolazioni del sud sono più inclini alla violenza di quelle del nord. Si può affermare invece, come fanno Solomon Hsiang, Marshall Burke e Edward Miguel, delle università di Princeton e Berkeley, che

per ogni deviazione standard del cambiamento nel clima (che è una misura della fluttuazione tipica anno su anno) verso temperature più alte o verso piogge più estreme, si può stimare che la frequenza delle violenza tra individui aumenti del 3,9 per cento e che la frequenza dei conflitti tra gruppi cresca del 13,6 per cento. Dal momento che si prevede che le zone popolate del pianeta si riscaldino tra le due e le quattro deviazioni standard entro il 2050, si dovrebbero prevedere aumenti consistenti della violenza tra individui e tra gruppi (Danilo Taino, La Repubblica)

La probità del documento pubblicato sulla rivista Science si rivela dal metodo: si sommano o sottraggono quantità omogenee, (“mele con mele” osserva Taino) di modo che il confronto fra le variazioni viene applicato sulla stessa nazione nella progressione storica, si ammette che “non tutte le correlazioni implicano una causa”. E’ chiaro però che una siccità prolungata produce effetti sul raccolto e sulla stabilità degli assetti politici.

L’influenza del caldo e delle precipitazioni estreme è — secondo lo studio che comprende un periodo di 12 mila anni — oggi molto simile a quello dei secoli passati. Per dire, «i sedimenti alluvionali del Bacino Cariaco (al largo del Venezuela, ndr) indicano sostanziali siccità pluriennali coincidenti con il collasso dei Maya». La siccità provocò anche la fine dell’impero Angkor nell’Asia del Sudest. I collassi delle dinastie cinesi Tang e Yuan coincisero rispettivamente con quelli dei Maya e dell’impero Angkor. (Danilo Taino, La Repubblica)

A questo punto non è ininfluente ricordare un altro studio americano sull’influenza dell’ambiente sui meccanismi della violenza tra gli uomini, studio che mette a frutto le acquisizioni recenti delle neuroscienze.

Non c’è solo la struttura genetica ad influenzare i comportamenti violenti. L’ambiente, in senso tecnico (aria, acqua), è un fattore rilevantissimo, talvolta, l’unica spiegazione scientifica disponibile. Prendiamo il caso della correlazione, verificata statisticamente, tra l’aumento della violenza negli Usa e i livelli di piombo nell’ambiente.

I livelli massimi di piombo vengono rilevati negli anni ’70, 20 anni dopo, si registra  il picco dell’inspiegabile incremento della criminalità, fino al 1993. Siccome il picco della violenza individuale è imputabile alla fine dell’adolescenza ( fino a 22/23 anni), si spiega il perché quel dito portato in bocca a mo’ di ciuccio dai bambini di una ventina di mesi conduca una ventina di anni dopo al crimine.

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Warsamé Dini Casali