Ci vorranno un anno di lavoro una decina di milioni di euro per rimediare al fiume di fanghi tossici che ha invaso ieri le tre province ungheresi di Veszprem, Györ-Sopron e Vas, facendo quattro morti, tre dispersi e 123 feriti.
La rottura degli argini della vasca di decantazione ad Ajka è avvenuta per motivi ancora da accertare: si sospetta un eccessivo carico dell’invaso, un errore di progettazione oppure l’aumento dell’acqua a causa delle forti piogge.
Oltre alle vittime si temono le conseguenze a lungo termine del milione e passa di metri cubi di fanghi tossici che si sono riversati su un’area di 40 chilometri quadrati.
Intanto oggi sono riprese le operazioni di soccorso, che vedono impegnati 500 uomini per cercare di impedire che gli inquinanti possano raggiungere gli affluenti del Danubio e infine arrivare al fiume più importante dell’Europa centro-orientale. ”I lavori sono ripresi oggi, puliamo strade e case con getti d’acqua ad alta pressione”, ha dichiarato Timea Petroczi, portavoce dei servizi contro le catastrofi.
Il ”fango tossico” ha provocato un disastro ecologico senza precedenti nel Paese e indotto il governo magiaro a proclamare lo stato di emergenza nelle tre province colpite. I danni sono stimati sui dieci miliardi di fiorini, 38 milioni di euro, la bonifica dell’area durerà mesi, se non anni. I depositi della società contengono circa 30 milioni di metri cubi di fango rosso, un derivato della lavorazione dell’allumina, da cui si ricava alluminio, di cui l’Ungheria è un grosso produttore.