ROMA – Scarpe e t-shirt biodegradabili rappresentano la nuova frontiera del design ecosostenibile. Sono molte le case di moda e le multinazionali, sempre più attente alle esigenze “green”, che si stanno lanciando nella sperimentazione dell’abbigliamento eco-friendly.
Franz Koch amministratore delegato di Puma, ha annunciato: “Presto saremo in grado di creare le prime scarpe, magliette e borse riciclabili o compostabili”. “Cradle to cradle” (Dalla culla alla culla) è il nome del progetto della multinazionale tedesca che si sviluppa su due circuiti, uno tecnico e uno biologico. Per esempio – ha spiegato Koch – posso riciclare le vecchie scarpe e produrne altre nuove oppure con le stesse posso creare prodotti completamente diversi come pneumatici per auto. Nel circuito biologico invece posso produrre magliette e scarpe compostabili”. Indumenti, che una volta dismessi, possono essere comodamente seppelliti nel giardino di casa.
L’anno scorso l’azienda ha presentato, in collaborazione con lo stilista Yves Béhar, la Clever Little Bag, una borsa in materiale riciclabile in sostituzione della classica scatola di cartone per le scarpe. E ancora: lo scorso ottobre la stilista Anke Domaske ha presentato la sua nuova collezione, interamente realizzata con fibra di latte, mentre a marzo, l’italiana Alberta Ferretti, ha lanciato Pure Threads, una linea di abiti in fibra organica.
E’ sempre un italiano, il trentanovenne di Treviso Filippo De Martin,che ha inventato un materiale prodotto interamente a partire da fibre vegetali come cellulosa, viscosa e polimeri ricavati da oli di mais e barbabietola. Il progetto si chiama Wear and Toss ed è realizzato in collaborazione con l’ingegnere tessile Nicola Monti e l’esperto di processi di produzione Lupo Rossi. Gli abiti realizzati con il futuristico tessuto-non tessuto, sono economici (una maglietta costerà 2 uero) e potranno essere gettati nel compost casalingo perché interamente biodegradabili. “L’idea – ha spiegato De Martin – mi è venuta in vacanza con i miei figli: è impressionante la quantità di vestiti che sporcano i bambini”. Perché allora non inventare abiti usa e getta che rispettano l’ambiente?
