Un bambino che bestemmia in classe, a Sant’Ambrogio, vicino a Torino; una ragazza che, a Milano, spruzza un urticante sulle compagne. Siamo alla anticamera della arancia meccanica o sono normali episodi di cattiva educazione, come ce ne sono sempe stati in tutte le scuole, che vengono amplificati dallo spropositata adorazione che i genitori nutrono verso i propri figli, per quanto asociali?
La maestra, aiutata da una collega, strofina del sapone sulla bocca del piccolo bestemmiatore perché si ricordi che non si fa; la preside le spruzza sul braccio, perché apprezzi cosa ha fatto provare ad altri. Una volta erano le stesse mamme a farlo. Ora, apriti cielo.
La mamma del piccolo è decisa a andare dai carabinieri, la Procura della Repubblica tuona. Dice la mamma esemplare : «Non siamo più ai tempi del ghetto. Lui ha sbagliato a dire quelle parolacce e soprattutto a bestemmiare, è un comportamento che dà fastidio anche a me». Ma «queste cose non si dicono, adesso sciacquati la bocca!».
A Pordenone una maestra d’asilo dà uno schiaffo, non si sa quanto forte, a un bambino e il padre la denuncia. Si sono schierati pro maestre alunni e genitori, non si sa se perché di solito le maestre sono buone e indulgenti o se perché il bambino che ha preso lo schiaffo era molesto nei confronti di tutti gli altri e la insegnante ha compiuto solo un gesto liberatorio, da tutti auspicato.
In difesa delle insegnanti di Torino si è subito schierata la dirigente scolastica, Claudia Rolando, che, ha detto, ad allontanarle non ci pensa proprio: «Fino a quando non ci sarà una decisione della magistratura le due colleghe resteranno al loro posto, si tratta di insegnanti competenti e di grande professionalità». Ma anche le colleghe delle maestre le difendono (il bambino «insulta compagni e insegnanti e a volte volano anche le sedie») e Antonella Falchero, assessore all’Istruzione del Comune di Sant’Ambrogio, aggiunge: «Metterei la mano sul fuoco per quelle due maestre e non per spirito di corpo».
E i genitori degli altri alunni hanno scritto: «Quanto accaduto non modifica la nostra opinione nei confronti delle insegnanti, a cui chiediamo di restare e di terminare il ciclo di studi. I comportamenti irrispettosi e violenti di quel bambino si stavano protraendo dall’inizio dell’anno sia nei confronti delle insegnanti, sia nei confronti degli altri bambini della classe. Alcuni genitori, stanchi, avevano deciso di portare altrove i propri figli, tant’è che il numero di alunni della classe è sceso in breve tempo da 25 a 18 bambini».
Ma intanto quel futuro gentiluomo di bambino non va più a scuola. Spiega la madre che il povero cocco «non se la sente e di notte ha gli incubi”. La madre esemplare aggiunge: ” E poi non voglio che ritorni in classe se prima non verranno allontanate quelle due persone”. Insiste la mamma: «Non finisce qui, mi sono rivolta a un avvocato e sto pensando di fare una causa civile».
Come se non bastasse, spunta anche Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, il quale coglie l’occasione per una dichiarazione ovvia quanto a effetto e sbagliata e tuona: «L’episodio è da verificare, ma qualora risultasse vero ci troveremmo davanti all’ennesima lesione di diritti fondamentali perpetrata in un luogo deputato, invece, alla tutela dei bambini». E aggiunge: «Un bambino di otto anni che bestemmia non ha cognizione di causa. Certo non è da sottovalutare l’attivismo che lo sprona ad essere indisciplinato ed è bene utilizzare le tecniche più idonee per allinearlo ai principi dell’educazione, purchè queste non ledano alla sua dignità di persona».
E ancora: «Se, come asserito dalla madre, il bambino è seguito da una psicologa, ciò significa che gli insegnanti devono essere pronti e preparati a fronteggiare la situazione. È una accezione insita nel ruolo e nella vocazione di chi si propone alla società come educatore nell’era della globalizzazione, non già del medioevo». «Non c’è nulla di più sacro del rispetto dovuto ad un bambino e la gente incapace di elaborare correttamente questo concetto faccia altro nella vita, non l’insegnante. Ci poniamo con il dovuto rispetto davanti alla presunzione d’innocenza – conclude – ma chiediamo alle istituzioni preposte di prodigarsi per fare chiarezza».
Ma dai, finiamola lì. E i diritti degli altri bambini? Di quei bambini torinesi, ad esempio Basta pontificare su cose che non si sanno e sui problemi degli altri. Se siamo un paese così scassato è proprio perché madri come quella invece di rincarare la dose e dargli una razione di sberle, spendono i soldi di un avvocato. Poi non lamentatevi.
Ormai siamo ridotti al punto che tutto il mondo ruota intorno ai bambini, che la loro parola fa premio su tutto, che ogni loro desiderio è un imperativo.
Marziale non può limitarsi a fare dichiarazioni da avvocato d’ufficio del bambino ideale, non è il suo ruolo e nessuno glielo chiede. Darebbe un contributo migliore se avesse il coraggio di dire che ci sono bambini prepotenti e violenti e che meritano punizioni severe. E tutti avessimo il coraggio di riconoscere che qualche ceffone ci sta bene, proprio per il contenuto di umiliazione anticipatore di tanti appuntamenti della vita, Le maestre non hanno picchiato quel piccolo Garrone, lo hanno solo umiliato e non c’è nulla di più educativo della umiliazione: una in più inflitta da bambino, gliene risparmierà di peggiori da grande.
La vicenda di Milano, riguarda tre alunne dell’istituto superiore “Fabio Besta”, in una zona periferica di Milano, che sono finite all’ospedale per colpa di una bomboletta di spray urticante utilizzata dalla preside. L’intento della dirigente, Paola Tieri, era punire una ragazzina per aver usato a sua volta lo spray al peperoncino due giorni prima. Una volta individuata la 15enne responsabile della bravata, Tieri ha indirizzato il getto sulla sua mano per farle capire la gravità del gesto che aveva provocato, mercoledì, l’evacuazione della classe. La preside deve avere però premuto troppo a fondo l’erogatore: la mano della ragazza ha iniziato a gonfiarsi e anche due compagne ne hanno risentito tanto da farsi visitare al San Raffaele.
Non deve essere una scuola facile, la “Fabio Besta”, se, a quel che riferisce il Corriere, la preside aveva dovuto già, nell’aprile 2010, confrontarsi e agire con fermezza, sospendendola per sei giorni, contro una ragazzina di 14 anni, che aveva creato un gruppo su Facebook per insultare e umiliare una compagna di classe e sospendendo per due giorni altri sei studenti perché si erano iscritti anche loro a quel gruppo di Facebook. Questa volta è entrato in scena lo spraye l’autrice della bravata non solo ha subitolo spruzzo “educativo” della preside, ma anche rischia la sospensione. Ma subito i genitori delle tre ragazze finite in ospedale sono entrati in azione e pensano di denunciare la preside.
Anche in questo caso, qualcuno si è inserito nella vicenda, l’Associazione culturale docenti cattolici, che ha denunciato: «Un altro abuso compiuto da una dirigente scolastica nei confronti dei suoi alunni. Per contrastare un episodio di bullismo dentro la scuola che vedeva tre ragazze protagoniste che usavano lo spray urticante fra di loro, glielo avrebbe preso di mano, e, individuata la studentessa più turbolenta, l’ha usato nei suoi confronti procurandole dolore e gonfiore nelle mani dopo un uso forte della spray. Tutto ciò adducendo come motivazione che solo con tale metodo avrebbe potuto capire il male che procurava ad altri. Di fronte a questo episodio, prendiamo atto che questa preside non conosce il concetto di educazione. Una dirigente che al confronto e al dialogo con gli studenti contrappone la fermezza, il rigore e la linea dura con abusi, illegalità e violenza privata va sospesa subito e trasferita in Provveditorato lontano dagli studenti per evitare ulteriori guai».
Meno male che non propongono il rogo.