La prima grande avventura culturale della Lega, l’osannato film Barbarossa, è finito in Dvd e si compra nei negozi.
Per chi si è perso l’esperienza in sala, può essere un’occasione.
Il film si riferisce a un episodio di ottocento anni fa, dopo del quale ai nostri antenati è capitato di tutto: “armi e sostanze [ci] invadeano ed are e patria e tranne la memoria tutto”, parola di un patriota padano come Ugo Foscolo, poeta.
A conferma che simboli e superstizioni valgono poco, la scelta del carroccio fatta dalla lega non sembra avere influito sul successo elettorale del partito, a meno che gli ottocento anni successivi a quell’esaltante episodio della storia patria non debbano ancora ricominciare, quanto meno nella storia della Lega Nord.
C’è da dire che se uno si sente sincero ammiratore della Lega e si identifica nei suoi valori fondanti ci resta male parecchio. Infatti, alla faccia di quel povero Alberto da Giussano, il film che lo celebra è stato girato in Romania, con la maggior parte degli attori, protagonisti inclusi, talmente neocomunitari che o sono doppiati o parlano con un accento molto poco padano.
Invece di bei nomi lombardi, veneti o anche piemontesi, ma non di quelli di seconda generazione di immigrati, quelli proprio doc, ci sono nomi di paesi dell’est: Rutger Haver, Raz Degan, Kasia Smutniak.
Il solo nome lombardo, ma solo nel film, è del cattivo della storia, il perfido Barozzi.
Niente di male: è un riconoscimento nei fatti che il tipo base del popolo padano non è il biondo celtico ma il corvino e pigmentato meridionale: quelli sono gli italiani originali, doc. Poi sono arrivati i celti a sottometterli, gli etruschi e i latini e poi goti e longobardi. Scavate nell’albero genealogico di un nobile italiano e ci troverete un nome tedesco – scandinavo.
I nostri padani, poveretti, stavano negli “atrii muscosi, nei fori cadenti, nei boschi,nell’arse fucine stridenti, nei solchi bagnati di servo sudor” e ce ne è voluti di secoli prima che rialzassero davvero la testa.
Purtroppo tutti abbiamo la memoria corta e la recente ricchezza ci fa scordare la miseria passata. Ma la mancanza di memoria e di prospettiva della storia possono indurre a errori colossali.