ROMA – L’addio a Biagio Agnes, direttore generale “storico” della Rai, sul quotidiano “Il Riformista” è affidato alla penna di Carlo Rognoni. Inventore della lottizzazione, dg in quota Democrazia cristiana, primo direttore del Tg3 e mente creativa dei telegiornali regionali: così Agnes, definito “l’ultimo Rais della tv pubblica”, si è spento all’età di 83 anni, nella notte tra il 29 e il 30 maggio.
Dal 1982 al 1990 ha occupato la poltrona di viale Mazzini e per molti fu uno dei più decisi oppositori di Silvio Berlusconi, come ha scritto Blitz il 4 maggio scorso parlando di “guerre stellari in cui si ingaggiò Biagio Agnes col dichiarato proposito di spingere Berlusconi fuori mercato: iniziativa meritoria ma che ha spinto la Rai sul precipizio e che ha favorito, ancora ai tempi del Caf, la sostituzione di Agnes con Gianni Pasquarelli, messo lì proprio per tagliare i costi della Rai, in coincidenza, dare un po’ di respiro a Berlusconi assediato dal miraggio Standa e dalla recessione”.
Rognoni lo ricorda “con una certa nostalgia. Non solo perché il passato sembra sempre meglio del presente, ma perché davvero direttori generali come lui, di quella tempra e di quelle capacità, non ce ne sono più stati tanti. Giornalista, una delle trasmissioni da lui inventate e di cui andava più fiero è stata Check up, che parla di malati, di medici, di sanità e aveva l’ambizione di formare cittadini consapevoli, con una “coscienza sanitaria”. Ma soprattutto Agnes è stato il primo direttore del Tg 3 e l’inventore dei Tg regionali. Al suo fianco aveva due vice di peso come Sandro Curzi e Alberto La Volpe”.
Chi lo conosceva parla di Agnes come un uomo forte, dal carattere ruvido, ma deciso. Annunciò di volere andare via dalla Rai quando gli fu comunicato che in azienda non sarebbe “arrivata una lira”.
“La leggenda vuole che con Agnes al comando non era la politica a dettare le regole alla Rai bensì la Rai a farsi sentire dalla politica”, scrive ancora Rognoni.
Poi a sua memoria prende spunto da un episodio personale. “Certo era una Rai democristiana, anzi democristianissima. Ma qui vale – per quel che vale – un episodio che mi ha visto partecipe. Da poco eletto in parlamento, mentre mi attardo nel corridoio dei passi perduti davanti all’Aula ecco che mi si avvicina Ciriaco De Mita, mi prende sottobraccio e comincia una lunga camminata. Berlusconi dalle tv è passato al comando del governo. E lui mi fa: «Che te ne pare? Che ne dici?» So che la mia risposta gli ha prodotto grande soddisfazione. «Quando dirigevo giornali – gli ho detto – pensavo che mi sarebbe piaciuto “non morire democristiano”. Visto chi è arrivato in parlamento, sono pentito dei miei vecchi pensieri». Ora dover ammettere che la Rai democristiana della lottizzazione era meglio della Rai berlusconiana, dell’occupazione e della spartizione arrogante di tutte le poltrone che contano (non dimentichiamo mai che in Rai da otto anni ormai comanda il centro destra), è davvero emblematico dei tempi che stiamo vivendo. Insomma tanta nostalgia per gli Agnes che se ne vanno visto che il governo dell’epoca Andreotti – Craxi molto vicino a Berlusconi “di soldi a Viale Mazzini non gliene dà”. E senza Agnes e senza democristiani come lui siamo tutti un po’ più soli! O no?”