Il 54% dei pazienti oncologici ritiene molto importante l’aspetto spirituale nella sua vita e l’80% attribuisce a questa un ruolo fondamentale per affrontare la malattia. Questi dati sono il risultato dello studio realizzato dall’Associazione di volontariato Aiscup-Onlus e condotto, con il patrocinio dell’Idi-Irccs di Roma dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma, dal professor Paolo Marchetti (Ordinario di Oncologia Medica, Direttore UOC Oncologia Medica Ospedale Sant’Andrea, consulente clinico scientifico Idi) e dal dottor Alessandro Scoppola (dirigente medico di struttura complessa Idi).
“Obiettivo dello studio, è stato quello di misurare l’influenza delle convinzioni spirituali e religiose sulla qualità della vita e sul disagio psicologico nei pazienti oncologici – afferma Marchetti nel corso del convegno sul benessere nel paziente oncologico – La spiritualità individuale si è dimostrata uno dei principali fattori che consentono di affrontare e gestire con fiducia e dignità la malattia e la sofferenza”.
“Il tema centrale che emerge con forza – prosegue il professore – è relativo alla necessità, non più rinviabile, di integrare nella cura del malato oncologico una maggiore attenzione sia al disagio psicologico sia al benessere spirituale”. Nello studio stati arruolati 220 pazienti afferenti al reparto di oncologia dell’Idi, Istituto dermopatico dell’Immacolata di Roma in trattamento chemioterapico. Per 75 pazienti la diagnosi e’ di cancro alla mammella, per 55 colon, per 25 polmone, per 25 melanoma, mentre il resto è affetto da altre neoplasie.
Nel 66.5% dei casi si tratta di donne, l’età media è 58 anni e le donne sono più giovani degli uomini (età media 56 contro 61). Il 62% ha più di otto anni di scolarità; il 74% è coniugato, soprattutto tra gli uomini. Tra le evidenze emerse dallo studio, il 55% risulta positivo allo screening per l’ansia e il 47% a quello per la depressione; la dimensione di benessere spirituale legata a pace e serenità è elevata, con un valore medio pari a 71 (range teorico 0-100), quella legata alla fede è inferiore con un valore medio pari a 38; il 92% dei pazienti si è definito credente, il 30% dei pazienti crede maggiormente di più dopo la diagnosi di malattia mentre il 12%, al momento della diagnosi, crede meno rispetto a prima della malattia.