Cosa unisce Luciano Gaucci, Vittorio Sgarbi, Daniela Santanchè e Francesco Storace? Se pensate alla politica intesa come cura della polis siete fuori strada, almeno secondo il giornalista del Corriere della Sera Aldo Cazzullo. I tre sopra indicati, infatti, sarebbero simboli di un’estate, quella del 2010, destinata a essere ricordata come “quella in cui crollò ogni pudore, qualsiasi scrupolo, l’ultimo simulacro di riservatezza”.
Troppe, secondo il giornalista, le chiacchiere a vuoto spese in una stagione in cui ” quotidiani dedicano titoli più grandi di quelli con cui fu annunciata la seconda guerra mondiale al ritrovamento della fattura di un lavello”. Il riferimento, manco a dirlo, è al caso Fini – Tulliani e alla vicenda della casa di Montecarlo.
Tutto parte da là e dai fiumi di inchiostro spesi a caccia di dichiarazioni improbabili e dall’interesse quantomeno discutibile. Non a caso il più intervistato dell’estate è Luciano Gaucci, di cui si ricorda la latitanza a Santo Domingo mentre i figli erano in carcere, “utile” perché ex compagno di Elisabetta Tulliani. E l’ex presidente del Perugia non si sottrae al repentino ritorno di visibilità, anzi indugia nei dettagli privati (di portafogli) della vecchia storia. “Ma io li rovino, ‘sti morti di fame” la riflessione più cogente rilasciata da Gaucci sul tema.
Al “racconta Elisabetta” estivo partecipa anche Sgarbi, che sostiene di averla avuta nella sua collezione di vecchi amori. Con vera signorilità da Playoy Sgarbi spiega: “Ho l’abitudine di presentare le mie ragazze alla mia fidanzata ufficiale, Sabrina Colle. Di fronte alla Tulliani ha allargato le braccia. Non ha deposto a suo favore l’insistenza con cui chiedeva la tessera Freccia Alata dell’Alitalia”.
Quanto a Fini, invece, ci pensano gli ex compagni di partito. A contribuire alla costruzione di un ritratto illuminante di un presidente della Camera visto sotto una luce più nuova e profonda ci pensa la Santanchè con un “merda umana”. Storace si limita all’aneddotica e a quando, racconta, lui e Fini entrarono a pugno chiuso in una sede del Pcus di Mosca.
Chiude la carrellata dell’estate memorabile affrescata da Cazzullo l’imprenditore Ciarrapico, uno che di fascismo se ne intende davvero. Tira fuori una conversazione con Almirante in punto di morte. E che gli dice il vecchio leader del Msi? Che di Fini non si fida. Aveva capito tanti anni fa che il presidente della Camera sarebbe diventato “comunista”?