C’era corruzione diffusa anche in quegli anni. Il romanzo Comma 22 di Joseph Heller la rappresenta come nel marmo. Con le scarpe di cartone, di cui furono dotati i nostri fanti mandati a morire nelle steppe dell’Ucraina, ci si potrebbe fare un monumento alla incompetenza e alla corruzione. Però gli affari erano una conseguenza della guerra; la crociata americana del terzo millennio è basata sul presupposto degli appalti, a partire dall’esercito.
Arroganza, supponenza, razzismo, su queste premesse l’occidente perde la sua missione di civilità in Afghanistan, anche questo è scritto nel muro, qualsiasi cosa dicano politici e politicanti occidentali. L’Iraq è un paese più strutturato, da lì e dintorni sono partite le principali correnti di civiltà per l’Occidente, ma da un punto di vista politico e anche militare il disastro è ancora più grosso. Il confronto fra l’accortezza di Roosvelt in Italia e in Germania e la dissennatezza di Bush in Iraq è clamoroso.
C’è di più: la stessa gente che ci ha portato dove ci ha portato in nome del cristianesimo, si è comportata con i cristiani iracheni abbandonandoli all’odio religioso e anche etnico (è verosimile che i cristiani in medio oriente discendano dalle popolazioni dominanti del passato, come i sumeri) con un cinismo pari a quello che dimostrò Bush papà verso i curdi ribellatisi a Saddam e abbandonati alla sua vendetta dopo la prima guerra del Golfo.
Spiace doverlo dire, ma una volta erano più capaci. Se qualcuno degli ideologhi falsari che circondavano Bush avessero fatto qualche ricerca in biblioteca, avrebbero trovato un libretto di memorie di guerra, scritto da un e maggiore inglese. John Masters (The road past Mandalay). Masters racconta che agli esordi della seconda guerra mondiale, gli inglesi, che all’epoca avevano a che fare con l’Iraq, non gradendo la piega presa da un governo golpista filo nazista, avevano rifornito di armi i cristiani, i quali, dire il vero con poca carità, si erano subito dati al tiro a segno dei miliziani arabi.
Pare che solo ora, finalmente, dopo decine di morti e migliaia di profughi, i cristiani dell’Iraq si siano decisi a organizzarsi per difendersi e i cristiani americani a aiutarli. Quanto poi c’entri la fede in tutto questo e non piuttosto le divisioni etniche che spesso coincidono con quelle religiose (si veda l’odio millenario tra sunniti e shiiti nell’islam) insieme con quelle di censo e di classe, questo è tutto da vedere, perché il demonio dell’invidia e dell’odio sa trovare tutte le strade per vincere.
La lezione del Sudan di oggi vale qualcosa e conferma che le preghiere, le marce, le solidarietà sono importanti, ma chi fa da se fa per tre. anche perché le rock star e affini per qualche misteriosa ragione preferiscono i governi ufficiali ai disperati dei campi profughi. Se in questi giorni si sta per aprire una nuova era, magari sempre di miseria ma se non altro di speranza, per i cristiani del Sudan del Sud, non lo devono alle preghiere, ma a un esercito di 40 mila uomini che ha lottato per quasi trent’anni in quella terra disperata.
