Dagospia annuncia la fine dell’era Concita alla Unità, Soru conferma, Repubblica se la riprenderà?

Secondo il sito Dagospia.com è imminente il cambio di direttore all’Unità, l’ex organo del Pci fondato da Antonio Gramsci e ora finito all’imprenditore sardo Renato Soru.

Attualmente direttore dell’Unità è Concita De Gregorio, la cui nomina fu fortemente voluta dall’allora segretario del Pd Walter Veltroni, che la impose sul candidato preferito dallo stesso Soru, Alberto Statera, che certamente come direttore e come esperienza professionale complessiva poteva vantare maggiori credenziali.

La De Gregorio, nonostante le sue mire molto ambiziose di fare concorrenza al suo ex giornale Repubblica, non ha avuto molto fortuna con la tiratura del quotidiano affidatole ma è stata molto brava a imporsi come personaggio di spicco di talk show tv e come tenace, abile e non sempre fair polemista.

L’articolo di Dagospia comincia con la citazione di una notizia della agenzia di stampa AdnKronos, che afferma: “Cambio della guardia in vista alla direzione dell’Unita’. Sul futuro del quotidiano fondato da Antonio Gramsci si infittiscono le indiscrezioni che, secondo quanto apprende l’Adnkronos, danno per imminente l’arrivo di Claudio Sardo, notista politico del ‘Messaggero’ (e autore con Michele Gotor di un libro-intervista a Bersani, “Per una buona ragione”) in sostituzione di Concita De Gregorio, il cui incarico triennale da direttore è in scadenza.

“In questo senso alcuni leggono anche la volontà espressa nei giorni scorsi da De Gregorio, arrivata alla direzione de l’Unità nell’agosto del 2008, di prendere un mese di ferie per concentrarsi sulla stesura di un nuovo libro.

Il mese scorso si è consumato intanto l’addio del condirettore della testata, Giovanni Maria Bellu, che ha accettato l’offerta di un team di imprenditori sardi per dirigere ‘Sardegna 24’, nuovo quotidiano in uscita nell’isola. Bellu era arrivato insieme a De Gregorio nell’agosto di tre anni fa.

“Secondo i bene informati comunque non è detto che l’avvicendamento sul ponte di comando de l’Unità sia del tutto scontato: l’ultima parola sarebbe legata all’iter delle manifestazioni d’interesse che sarebbero giunte per l’acquisto del quotidiano, dopo che l’editore Renato Soru ha affidato all’advisor milanese Equita Sim il mandato per cercare possibili acquirenti”.

Segue poi un pezzo della redazione di Dagospia, DAGOREPORT.

L’agonia di Concita La Drita all’ “Unità” ha seguito i dettami del catechismo cattolico, cominciando al concepimento prima ancora che alla nascita, in un lento hara-kiri che finirà il prossimo 30 giugno, quando lascerà la redazione per un futuro, si mormora, in politica.

Era il 28 maggio 2008 quando Veltroni, allora segretario del PD fresco di sconfitta elettorale, lancia la cronista di “Repubblica” al vertice del quotidiano fondato da Gramsci. Solo che lo fa dalle pagine del “Corriere”, con un’intervista ad Aldo Cazzullo, che viene ricevuta malissimo dal direttore dell’epoca, l’attuale “fattista” Padellaro, e dalla redazione.

Soprattutto perché i giochi non erano per niente chiusi. Seguono mesi di trattative tra l’editore Renato Soru, il direttore in uscita, i veltroniani, la redazione. Il clima è teso, e la situazione precipita quando Concita rivela i suoi piani per il futuro dell’ “Unità” a “Prima Comunicazione”, in cui annuncia di voler rivoltare il giornale come un pedalino.

Il Comitato di Redazione dell’ “Unità” scrive allora un comunicato al fiele contro la direttora in pectore di pollo, infarcito di frasi come “siamo all’intollerabile paradosso”, “siamo all’annuncio del cambio di direzione ‘via intervista’?”, e “inammissibile mancanza di rispetto verso l’intera redazione, del direttore Antonio Padellaro cui va tutta la solidarietà dei giornalisti”.

Il 28 agosto 2008 prende dunque il posto di Padellaro, che fonderà l’anno dopo “il Fatto”, successo editoriale che ha ampiamente pescato tra i delusi dal quotidiano nella versione di Lady Cecioni (cognome da maritata). La quale, appena arrivata impone collaboratori e giornalisti amici (come fa ogni nuovo direttore), scontrandosi con una redazione incazzata e sovietica nella sua organizzazione, che le metterà i bastoni tra le ruote a ogni occasione.

Non aiutano gli scazzi a volte violenti con il vice Pietro Spataro, e la scelta del secondo vice, che lei chiama da “Repubblica”, Giovanni Maria Bellu. Bellu è un bravo giornalista e scrittore, ma non riesce a gestire il rapporto con la redazione. Invece di alleggerire la situazione e fare da cuscinetto tra direttore e giornalisti, si chiude in stanza e fugge dai conflitti.

Per molti, l’inizio della fine arriva subito, con la nuova veste grafica, che arriva in edicola il 25 ottobre 2008. Soru sgancia due milioni e mezzo per lo scherzetto, che fa sembrare il giornale un free press come ePolis, che possa entrare nella tasca-da-chiappa di una minigonna jeans, simbolo scelto da Oliviero Toscani per la campagna pubblicitaria (criticatissima perché sessista e, più banalmente, perché bruttissima copia della campagna di Toscani dei jeans Jesus, “Chi mi ama mi segua”).

Seguono la chiusura delle redazioni di cronaca di Bologna, Firenze e Roma. Tagli al personale. La fuga di Travaglio (che con Padellaro fonderà “il Fatto”), già ridimensionato a causa della nuova veste grafica di un giornale che vede l’ego di Concita al centro e gli altri a fare da contorno. Poi l’acquisto di Claudia Fusani, brava cronista che però non conquista la simpatia dei colleghi (forse anche a causa delle intercettazioni sull’intreccio tra stampa e servizi segreti).

E ancora, il cambio di due diversi amministratori delegati in due anni, il tracollo politico-economico di Renato Soru, che da stella della new politics e della new economy, in un uno-due disastroso perde le elezioni regionali contro Cappellacci e si ritrova una società, Tiscali, piena di debiti.

L’elemento economico-politico è determinante (e giustifica in parte l’insuccesso della direzione De Gregorio). L’ “Unità” doveva far da sponda all’ascesa di Soru nel panorama politico italiano, un’ascesa alimentata dalla cassaforte internettiana e dall’appoggio veltroniano. La sconfitta alle regionali del 2009 si porta dietro entrambe. Soru sparisce dal dibattito politico, intento a salvare il salvabile del suo ex impero mediatico. Veltroni deve dimettersi da segretario del Pd, e il progetto di creare il Berlusconi della sinistra fallisce miseramente.

Da quel momento, Soru non caccerà più un euro. Questo costringerà Concita a mandare via 40 collaboratori a contratto (dopo le infinite pippe – e prime pagine – sui poveri precari), e la direttora comincerà a passare più tempo da Michelone ad “Annozero”, da Floris a “Ballarò”, e da chiunque le mettesse un microfono davanti, che in redazione.

Così, mentre Concita costruisce il suo personaggio televisivo e di massa, o prende lunghi periodi di ferie, il giornale continua a perdere copie, e in redazione si assiste a scene di panico, ira e disorientamento. Lei viene ribattezzata “Concita Il Sung”, come il dittatore nordcoreano.

Finché, pochi giorni fa, Soru entra in stanza della direttora. Lei chiede una cospicua (cospicua) liquidazione. L’editore ride, sottolineando che il suo contratto, è in scadenza. E poi le pone il seguente indovinello-trabocchetto: “I libri che adornano questa stanza, sono stati inviati a te in quanto Concita De Gregorio o in quanto direttore dell’ “Unità”? No, perché nel secondo caso, vorrei donarli alla biblioteca di Sanluri” (città natale di Soru).

Sabato sera la conferma. Una notizia dell’Ansa dice: ”Dal primo luglio Concita De Gregorio lascia la direzione dell’Unita’ a seguito di una decisione condivisa, assunta in autonomia e nel pieno rispetto reciproco riconoscendo l’importante lavoro svolto e i risultati raggiunti”.

A darne l’annuncio è una nota congiunta di Soru e De Gregorio: ”Entrambi le parti hanno rispettato l’impegno inizialmente preso di dare a questo lavoro almeno tre anni di stabilità”.

Una bella retromarcia. Erano partiti dicendo: spezzeremo le reni alla Grecia, cioè Repubblica, e ora si accontentano di un po’ di stabilità a un giornale condannato dalla storia. Soru, che non è simpatico e nemmeno amabile e nemmeno di parola ma non è per niente un ingenuo, l’aveva capito molto presto, al punto che aveva offerto il giornale al suo grande amico Carlo De Benedetti poco dopo averlo comprato. Ma De Benedetti, che tanti difetti ha ma non quello dell’anello al naso, aveva sempre deviato gli attacchi.

Ora, come gli argonauti, Soru e De Gregorio ci dicono, stanchi, felici ma anche lamentosi come tutti quelli che sono partiti alla conquista del Mato Grosso e si trovano aggrovigliati nelle liane: “Tre anni di lavoro esaltante e faticoso, tra difficoltà economiche e continui attacchi, che si sono dipanati a partire dal mandato iniziale di fare dell’Unità un giornale in equilibrio economico e un luogo di incontro e di discussione libera e allargata all’intero centrosinistra. Entrambi gli obiettivi possono dirsi colti”. Come dire: l’importante è crederci e prendersi sul serio.

Dicono ancora i due: “E’ stato perseguito il risanamento economico raggiungendo il sostanziale [sostanziale è una espressione un po’ ambigua perché una cosa o è o non è, se è sostanziale può anche non essere] equilibrio di bilancio del giornale, pur in un momento difficile per l’intero mercato e in presenza di nuovi concorrenti. Sotto il profilo editoriale, il giornale è stato in questi anni al centro di un intenso dibattito che ha dato voce – molto spesso anticipandole [Concita e Soru chiromanti]- alle principali istanze della società, che ha mobilitato sui temi cruciali migliaia di persone [peccato che siamo sessanta milioni, sessanta mila volte migliaia], che ha allargato il ventaglio delle sue voci e che attraverso la crescita del sito internet ha aperto un dialogo fitto e continuo con i lettori. Che ha contribuito infine a sollecitare la nuova volontà di partecipazione dei cittadini alla vita del Paese”.

”Abbiamo lavorato in questi anni – affermano ancora Soru e De Gregorio – in sintonia e in piena libertà, condividendo difficoltà e risultati, in autonomia dal Partito Democratico che in alcune occasioni non ci ha fatto mancare le sue critiche, ma non ha neppure mai preteso di imporre una linea, l’Unità essendo uno spazio di dibattito libero [e allora perché lo Stato dava loro i contributi con i nostri soldi?]. Un ciclo positivo che, di comune accordo, pensiamo possa concludersi qui. Il direttore continuerà ad esercitare il suo impegno professionale in altre forme, l’editore si impegnerà a fare in modo che il giornale resti luogo aperto alla discussione allargata all’intero centrosinistra e alle diverse forze vitali che vogliono assumersi l’impegno della ricostruzione del Paese dopo la troppo lunga stagione del berlusconismo. L’augurio sincero è reciproco, così come il ringraziamento a tutti i lavoratori dell’Unità che hanno condiviso e reso possibile questa felice stagione”.

Basta crederci, uno se lo può anche dire da solo.

Ora resta da vedere se a Repubblica avranno il becco di riprendersela.

Published by
Marco Benedetto