In Italia 15.000 bambini, di età compresa tra 0 e 14 anni, soffrono di diabete. La Sardegna è, insieme alla Finlandia, la zona al mondo con la più alta incidenza della malattia sulla popolazione infantile.
I dati diffusi a Viareggio, durante il convegno “Il diabete in età evolutiva”, confermano il trend registrato in questi ultimi anni nel nostro Paese. Il numero di bambini sotto il 14 anni colpito dal diabete 1 (la tipologia che insorge nell’infanzia o nell’adolescenza e in cui il pancreas smette di produrre l’insulina che gestisce il livello di zuccheri nel sangue, rendendo necessario che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita), è in costante aumento.
Inoltre, come osservano i medici specializzati, sono sempre meno sparuti i casi di bambini colpiti dal diabete di tipo 2, il tipo più diffuso e che di solito insorge tra i 30 e i 40 anni di vita, a causa della diffusione dell’obesità infantile. Per quanto riguarda il triste primato della Sardegna (50 casi ogni 100 mila abitanti, quattro volte la media delle regioni italiane), le cause dell’alta concentrazione di diabetici nella Regione non sono ancora chiarissime, e lo sono ancor meno i parallelismi con la situazione finlandese.
Se è ormai indiscusso che la predisposizione genetica e l’ereditarietà hanno un peso importante, le ricerche dell’università di Sassari, alle quali si è associata la St. Georges Hospital Medical School University di Londra, lavorano sul fattore ambientale, concentrando la loro attenzione su un batterio trasmesso con il latte.
Il suo nome sarebbe Map (Mycobacterium avium paratuberculosis) e, come ha spiegato il professor Leonardo Sechi, capo dell’equipe universitaria, «avrebbe un ruolo nel 70% dei casi di diabete sardi e scozzesi, oltre che nel 40% di quelli lombardi».
All’inizio ci sono la paura e il rifiuto della malattia da parte dei bambini e dei genitori. Pian piano subentra la consapevolezza che un bambino con diabete può condurre una vita normale, come tutti gli altri, imparando a convivere con la malattia, nonostante le difficoltà quotidiane.
Questo equilibrio, fatto anche di alimentazione corretta, attività fisica e assunzione di insulina, secondo la ricerca è favorito dal continuo miglioramento tecnologico degli strumenti fondamentali per il malato (glucometri e iniettori di insulina), ma può essere raggiunto solo attraverso una più stretta collaborazione fra tutte le figure che ruotano attorno al bambino: la famiglia, i genitori, i medici, gli infermieri, la scuola e le stesse istituzioni sanitarie.
