Questo รจ il “curriculum vitae” del nonno e del padre di Pansa:
I ragazzi cominciavano a lavorare molto presto, fra i 10 e gli 11 anni. I maschi venivano portati alla fiera di Vercelli, che si svolgeva il 2 febbraio alla ricorrenza della Madonna Siriola e il 1ยฐ agosto. Qui arrivavano i proprietari delle terre che affittavano i bambini per sei mesi. I primi a essere scelti erano โi fioroniโ, gli alti di statura, poi i piรน piccoli. Diventavano i loro servi, quasi sempre addetti a fare โal vachรจโ, il ragazzo di stalla, comandato a guardare le mucche dallโalba al tramonto. Questo fece mio nonno, sino ai 19 anni. Poi nel 1882 venne arruolato nel nuovo esercito dellโItalia unita. Stava nella fanteria, dove la ferma triennale era stata ridotta di un anno. Giovanni era analfabeta, ma in caserma i maestri militari gli insegnarono a leggere e a scrivere. Alla conclusione della ferma, il soldato doveva affrontare lโesame di scrittura e lettura. Se non ce la faceva, era obbligato a sciropparsi altri sei mesi di servizio militare. Se non superava neppure il secondo esame, altri sei mesi da soldato. Poi il Re lo mandava a casa comunque, con un calcio nel sedere. […]
Giovanni e Caterina misero al mondo sei figli. Ma non conosco se altri siano morti subito dopo la nascita. Mio padre Ernesto fu il quinto, nato il 6 ottobre 1898. Quellโanno, in Piemonte, i bambini che non superavano i primi dodici mesi di vita erano ancora diciassette su cento. Le madri erano denutrite. Il loro latte era povero. Ai neonati offrivano una poltiglia di pane grattato e farina. Oppure bocconi di polenta e di minestra giร masticati dalla mamma. Anche mio padre venne nutrito cosรฌ. E fu tanto fortunato da sopravvivere alle malattie intestinali, al rachitismo, al morbillo, alla scarlattina e alla difterite, tutte mortali tra i poveri. Giovanni Eusebio, contadino senza terra, morรฌ allโimprovviso, mentre zappava il campo di un padrone. Era il 2 maggio 1902 e aveva appena 38 anni e mezzo. Una fine molto precoce, visto che allora lโetร media dei maschi era di sessantโanni. E di solito smettevano di lavorare a 55, perchรฉ erano sfiniti dalla fatica.
Mia nonna Caterina, rimasta vedova a 33 anni, rifiutรฒ di affidare i figli alla caritร pubblica. E li allevรฒ da sola, nella miseria piรน nera. Un giorno mi disse: ยซHo fatto tanti mestieri, compresa la ladra. Tranne uno: la slandronaยป. Voleva dire la puttana. Alla morte del padre, Ernesto, mio papร , aveva tre anni e mezzo. Lโultimo dei suoi fratelli, mio zio Francesco, un anno. Quanto fosse immensa la loro miseria, lo compresi molto tempo dopo. Il giorno che chiesi a Ernesto come si fosse trovato durante la prima guerra mondiale, da soldato del genio. Arruolato nel febbraio 1917, a 18 anni e quattro mesi. E mandato subito al fronte nella Terza Armata.
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