Intervento della Cassazione per limitare il potere discrezionale dei direttori delle testate giornalistiche nel caso in cui qualcuno – che si ritiene diffamato o danneggiato da un articolo – chieda la rettifica di notizie vere alla data di pubblicazione ma successivamente ‘sconfessate’ nel corso degli avvenimenti. Ad esempio nel caso in cui qualcuno risulti accusato nell’ambito di una inchiesta e poi, invece, a distanza di qualche tempo venga ‘prosciolto’ con la richiesta di archiviazione. In una simile circostanza, il direttore – ha stabilito la Suprema Corte con la sentenza 23835 – non può sottrarsi alla rettifica delle notizie.
Altrimenti corre il rischio di dover risarcire, alla parte lesa, i danni che la tempestiva pubblicazione di una rettifica avrebbe potuto limitare. L’affermazione di questi principi di diritto nasce dal ricorso di un medico napoletano, Filippo T., proprietario di una clinica a Napoli, coinvolto in una inchiesta di bustarella. Un quotidiano nazionale aveva scritto, nell’aprile del 1993, che il dottore, finito in carcere, era accusato di corruzione nei confronti di un manager della Usl per continuare ad assicurarsi erogazioni in favore della sua clinica. Pochi mesi dopo, a settembre, l’inchiesta ribalto’ i fatti scoprendo che era il manager della sanita’ pubblica a taglieggiare Filippo T. la cui posizione, nel settembre dello stesso anno, fu archiviata mentre scattava l’arresto del vero concussore.
Senza successo il medico, allora, aveva chiesto al giornale di dare notizia della sua archiviazione dato che l’intera vicenda aveva portato a un calo del fatturato della clinica. Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano confermato che il direttore aveva fatto bene a negare la rettifica in quanto i fatti narrati erano veri anche se smentiti in seguito. Ora la Cassazione ha sancito che ”l’accertata liceità della pubblicazione della notizia di cui si chiede la rettifica – trattandosi di notizia rispondente alle conoscenze acquisite fino a quel momento e ricorrendo gli estremi del diritto di cronaca – non fa venir meno l’obbligo di pubblicare la rettifica dell’interessato qualora la relativa domanda sia diretta a far valere l’avvenuto accertamento dei fatti in termini diversi da quelli in precedenza pubblicati, dovendo la verita’ reale prevalere su quella putativa”.
”L’attuazione del diritto di rettifica – aggiunge la Suprema Corte – non e’ rimesso alla discrezionale valutazione del direttore del mezzo di informazione, ma deve avere corso in tutti i casi in cui ne ricorrano i presupposti, con i soli limiti stabiliti dalla legge stessa”, ossia il contenuto non penalmente illecito della rettifica stessa e i limiti di spazio. Ora la Corte di Appello di Napoli dovra’ riesaminare il caso e valutare se liquidare e quantificare il risarcimento danni da mancata rettifica.