Il malessere lavorativo ed il burnout

Da anni la ricerca psicologica si occupa di indagare in profondità sul malessere lavorativo e sul modo per poterlo curare o prevenire.

A metà anni ’70 è stato identificato uno stato di malessere denominato con il termine di BURNOUT (propriamente significa “bruciato, fuso” e in origine era usato in riferimento all’abuso cronico di droga) e fa riferimento alla reazione prolungata a forti stress a carattere interpersonale ed emotivo sul luogo di lavoro.

I primissimi articoli in merito a questo nuovo termine, furono pubblicati da Freudenberger (psichiatra americano) e dalla psicologa sociale Maslach (1976) studiosa delle emozioni nell’ambiente di lavoro.

Il BURNOUT si manifesta attraverso molteplici sintomi cognitivi ed affettivi: depressione, ansia, negativismo, bassa autostima, impotenza;

Si manifesta anche attraverso sintomi fisici o a carattere psicofisico: sudorazione, emicrania, stanchezza, disturbo gastrointestinale;

Il BURNOUT interferisce anche a livello comportamentale inducendo il soggetto colpito ad adottare meccanismi di chiusura al dialogo, eccessivo consumo di tabacco e/o farmaci, abuso di alcool etc.

Questo tipo di malessere colpisce prevalentemente professionisti nel settore della salute come medici (chirurghi, cardiologi, psichiatra, psicologi), infermieri ed operatori sociali di varie specializzazioni.

Il BURNOUT è considerato più in generale il “punto di arrivo” di professionisti ricchi di entusiasmo e di aspettative entusiasmanti nei confronti del prossimo….che esauriscono le proprie risorse altruistiche nelle relazioni di aiuto.

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rcostantini