Immunità parlamentare non solo a Berlusconi: per gli ex democristiani, Casini e nel Pd, “se po’ fa’”

Le posizioni dei partiti di opposizione su temi cari al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non sono compatte come può apparire a un osservatore straniero.

Che non tutti la pensino alla stessa maniera lo si capisce osservando le posizioni assunte dai leader del Partito democratico (Pd) e della Unione di centro (Udc) in materia di immunità parlamentare, quella particolare protezione di cui godevano in passato i membri del Parlamento per non essere esposti ai rischi derivanti da un uso politico della giustizia da parte di una magistratura del tutto indipendente. L’immunità era stata poi soppressa da un referendum popolare a metà degli anni novanta, ai tempi della crociata di “mani pulite”, come reazione agli eccessi di affarismo dei politici italiani.

Queste diverse posizioni all’interno della opposizione sono riferite dai giornali italiani.

Nota Francesco Verderami sul Corriere della Sera di sabato 19 febbraio che quello che per altri è un tabu,  per Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, “è un’opportunità”.

Il capo dei centristi è «disponibile a discutere in Parlamento» della reintroduzione dell’immunità parlamentare che “sarebbe «un modo per uscire dalla logica del conflitto istituzionale» attraverso la strada maestra”.

Nota Verderami che Casini non intende riavvicinarsi a Berlusconi ma non vuole nemmeno precludersi la prospettiva di intercettare quella parte di opinione pubblica che finora ha votato Berlusconi. Così si dichiara pronto a discutere di immunità, seguendo quel modello di civiltà giuridica «fissato nelle norme che regolano l’Europarlamento» . Gli fa eco il segretario dell’Udc, Cesa, chiedendosi se “è mai possibile che a Strasburgo popolari e socialisti abbiano trovato un accordo e in Italia non ci si riesca?”

Ieri sono parse subito evidenti le prime (e profonde) differenze nel terzo polo dinnanzi alla mossa di Berlusconi: mentre gli uomini di Fli, il partito del presidente della Camera Gianfranco Fini, erigevano un muro contro Berlusconi, Rao — braccio destro di Casini e capogruppo dei centristi in commissione giustizia alla Camera — annunciava che «l’Udc non ha pregiudizi» .

Nota Verderami: “Passo dopo passo i centristi stanno operando una manovra di sganciamento rispetto a progetti frontisti, e il rifiuto di un’alleanza che vada da Fini a Vendola segna uno spartiacque definitivo con la sinistra. L’Udc vuole utilizzare il tempo che rimane da qui alle urne per alimentare la suggestione del terzo polo che — a detta dei sondaggi — sembra far presa sugli elettori”.

Sono stati i centristi per primi a sollevare il tema della reintroduzione dell’immunità nel settembre del 2008, subito dopo le elezioni, con un convegno in cui venne lanciata la proposta. Solo che ora Casini  attende di “capire se la maggioranza sfuggirà all’istinto di procedere con gli scarponi chiodati sulla giustizia”.

Poiché purtroppo per tutti gli italiani queste sembrano essere le intenzioni di Berlusconi e dei suoi, puntuale è arrivata il giorno dopo la presa di distanza dell’Udc da Berlusconi. Lorenzo Cesa ha detto, al quotidiano il Messaggero di Roma, il cui proprietario, Francesco Gaetano Caltagirone, è il suocero dello stesso Casini, che se Berlusconi “conta sul sostegno dei moderati dell’opposizione per far passare le sue riforme della giustizia, si sbaglia”. E Casini ha rincarato: “Pensare che l’immunità parlamentare serva al Parlamento per rialzare la testa significa essere fuori dal mondo. I parlamentari per rialzare la testa devono fare una sola cosa: non rubare e rispettare le leggi”.

E Rao, riporta il Messaggero, aggiunge: “Ancora una volta le parole del presidente del Consiglio chiariscono la sua vera idea di riforma della giustizia: una riforma punitiva verso chi ha il grave torto -a suo modo di vedere- di non ritenerlo al di sopra della legge. Il premier non vuole dunque aprire in Parlamento alcun confronto con le altre forze politiche, vuole solo che le Camere ratifichino norme che impongono le sue priorità e tentano di risovere i suoi problemi”.

Ma il Corriere della Sera sembra non credere alla chiusura totale da parte della opposizione sul tema della immunità parlamentare. Scrive Maria Teresa Meli, sul giornale di domenica 20, che in materia di giustizia non tutti la pensano alla stessa maniera nel Pd, dove c’è una parte importante di non comunisti rimasta, dopo il prevalere di uomini di provenienza ex Pci, a cominciare dal segretario del partito Pier Luigi Bersani, Questi politici, in prevalenza ex democristiani di sinistra, fanno “fatica a seguire in tutto e per tutto la linea” appiattita sulle Procure della Repubblica.

Per alcuni, nel Pd, è proprio e solo Berlusconi l’ostacolo principale a una riforma della giustizia. Scrive Maria Teresa Meli che “in un altro clima il tema della reintroduzione dell’immunità parlamentare, seppure in versione riveduta e corretta rispetto all’originale, andrebbe affrontato. Del resto, tra i democratici non è la prima volta che questa ipotesi affiora. La senatrice Franca Chiaromonte nella scorsa legislatura aveva presentato, con un collega del Pdl, una proposta di legge in materia. E nell’arco di tempo che va dal 2009 al 2010 questo argomento era stato sollevato in più di un dibattito interno al partito. Personaggi come Violante, Latorre, Sircana e Ceccanti, sebbene con tutti i paletti del caso, avevano aperto uno spiraglio”.

Ancora: “Gli ex popolari (democristiani), per ora tengono la pratica sospesa, ma non vogliono archiviarla. La linea barricadiera di Bersani non è esattamente la loro. Ma l’immunità parlamentare non è l’unico punto che evidenzia le differenze tra gli ex ds e gli ex ppi, che si sentono sempre più a disagio nel Partito democratico. Un sintomo di questo malessere dell’area moderata è emerso con forza proprio negli ultimissimi giorni. Le donne del Pd hanno organizzato una conferenza a Roma, che è stata disertata dalle ex popolari”.

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Marco Benedetto