
Il buio più fitto circonda il destino dei due italiani dal 18 dicembre ostaggio dei terroristi maghrebini affiliati alla Aqmi, la locale Al Qaeda, il siciliano Sergio Cicala e la moglie Filomena Kabouree.
Il 25 marzo è scaduto un ultimatum, fissato dai rapitori, ma nessuno ne ha parlato. Un primo ultimatum, fissato il 6 febbraio, era scaduto il primo marzo, ma c’era stata una proroga. Poi non se ne è saputo più nulla.
Tutto quel che si sa è che sulla loro testa si intrecciano trattative che triangolano fra il Governo italiano, il Governo del Burkina Faso e la Aqmi, filiale maghrebina di Al Quaeda. Sembra che Filomena sia rimasta di propria scelta accanto al marito, di una ventina d’anni più grande di lei e forse bisognoso di assistenza.
Non tranquillizza il fatto che nel negoziato sia entrata Margherita Boniver, qualificata come inviato speciale per le emergenze umanitarie fino all’apocalisse del Governo italiano, già sottosegretario agli Esteri in era craxiana e di recente coinvolta nella trattativa per il rilascio dei marinai del rimorchiatore italiano Buccaneer, che ebbe una conclusione da opera buffa all’italiana, col ministro degli Esteri Franco Frattini che diceva di non aver pagato alcun riscatto in quanto le cose erano accadute perché si erano determinate le condizioni che accadessero e con i pirati che dalla Somalia a ogni intervista alzavano il valore del malloppo.
Questa volta Frattini tiene duro e dice: “Io non ho mai cambiato la linea del silenzio totale, fino a quando i nostri ostaggi non torneranno in Italia”.
A quanto pare il pallino ora lo ha in mano il governo del Burkina Faso, ma molto dipende anche da altri paesi della zona, Mali e Mauritania, legati in un intreccio di interessi e emergenze e è probabile che tutti vogliano portare a casa qualcosa dalla liberazione della coppia di italiani, catturata il 18 dicembre 2009 mentre su un fuoristrada attraversavano il deserto della Mauritania per recarsi in Burkina Faso per fare il Natale con i parenti di lei, attraversando un po’ incautamente una zona infestata da bande di rapitori. Il loro fuori strada è stato trovato dalla polizia locale crivellato di colpi al confine con il Mali.
Che qualcosa il governo di quello che è considerato uno dei paesi più poveri del mondo voglia ottenere dal governo italiano trova indiretta conferma nel fatto che alla fine di questo mese di aprileil ministro Frattini si recherà in visita ufficiale a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Magari l’appuntamento era stato fissato da tempo, ma certo la coincidenza colpisce.
Ad ogni buon conto la Boniver è ottimista. Ne trae ragione dal fatto che “eccellente” è stata la mediazione condotta dal Burkina Faso per la liberazione della spagnola Gomez. Questa per lei è la “prova provata delle capacità di intelligence molto avanzate” del paese africano e per questo il nostro governo punta sull’aiuto burkinese per arrivare alla liberazione dei coniugi Cicala.
Margherita Boniver ha già incontrato il ministro degli Esteri africano, Alain Bedouma Yoda, e il presidente Blaise Compaoré, nelle parole della stessa Boniver “Una personalità molto nota e rispettata, un grande esperto di mediazioni internazionali” con “eccellenti contatti in tutta la regione” e che ha avuto un “ruolo fondamentale nella liberazione di un ostaggio canadese”. Capito l’antifona?
Ha detto ancora la Boniver che il colloquio con Compaoré è stato “ricco di dettagli, spunti ed incoraggiamenti” e di “consigli utili” ed un “quadro molto dettagliato” della situazione dei Cicala.
Un barlume di speranza si era acceso, un mese fa, quando venne liberata la spagnola Alicia Gomez, di 39 anni, catturata nel novembre del 2009 nel Maghreb.
Si era infatti sparsa la voce che Filomena era stata anch’essa ma non successe nulla. Ci fu chi disse che era voluta restare accanto al marito, e chi invece disse che la Gomez era in mano a un’altra banda di rapitori, diversa da quella che ancora tiene prigionieri Cicala, la moglie e due spagnoli.
Per essere fedele alla tradizione del diniego applicata in genere dalle autorità di tutto il mondo, la vicepremier spagnola Maria De La Vega ha già detto a tutti con fermezza che non è stato pagato un riscatto: “Non c’é stato alcun pagamento”, è solo “il frutto del lavoro dei servizi diplomatici e di intelligence spagnoli” negli ultimi tre mesi e della “collaborazione con diversi paesi della regione”.
Invece, secondo il quotidiano spagnolo El Mundo la Spagna avrebbe pagato 5 milioni di dollari.
Questa volta però oltre ai soldi ci potrebbe anche essere dell’altro. Infatti sul tavolo delle trattative non ci sono solo milioni di dollari valuta che sembra più apprezzata dell’euro nel terrorismo e nella pirateria internazionali.
Sul tavolo ci sarebbe la liberazione di alcuni componenti dell’Aqmi, detenuti in Mali e Mauritania e per i negoziatori il compito non è facile: mentre il Mali ha già trovato una soluzione per liberare i detenuti richiesti da un altro ultimatum, quello per l’ostaggio francese
Camatte, anc’egli liberato un mesetto fa, la Mauritania è ferma nelle sua linea dura di non fare concessioni ai terroristi.
Decisivo per la sorte degli ostaggi sarà l’atteggiamento del “giudice del deserto” Abderraman Abu Hannas, 30 anni, guida religiosa dei terroristi islamici i cui discorsi finiscono sempre con queste parole: “Chiedo ad Allah di morire per la jihad”.
Abu Hannas sembra essere una sorta di terrorista gentiluomo. Ad esempio avrebbe raccomandato ai sequestratori la liberazione di Gamez “perché è una donna”. Gli viene attribuita la paternità di una sorta di ‘codice’ dei sequestratori islamici intitolato “La legge dei prigionieri stranieri”, di cui è stata trovata una copia in una casa di Nuakchot, capitale della Mauritania.
Il ‘manuale’ spiega come comportarsi con gli ostaggi e precisa che, se fra i sequestrati c’é una donna, questa può essere presa come moglie oppure rilasciata. Inoltre, se gli ostaggi sono ‘nemici’ (militari, poliziotti, agenti segreti) possono essere uccisi, altrimenti va negoziato un riscatto o uno “scambio di prigionieri”.
Sotto l’autorità di Abu Hannas si trovano i circa 300 uomini di Aqmi, divisi in quattro gruppi, che operano nel deserto fra Mauritania e Mali soprattutto.
