Nicolas Sarkozy non dorme sonni tranquilli. A provocare le inquietudini del presidente della Repubblica francese è il quotidiano Le Monde e la sua imminente vendita, in scadenza il 28 giugno prossimo. Sarkozy è preoccupato perché, dei cinque probabili investitori che si erano fatti avanti per rilevare il giornale, ne sono rimasti solamente due: tutti uomini d’affari che vantano legami col Partito Socialista. Non solo: Sarkò è stato anche denunciato da un gruppo di azionisti di Le Monde per aver interferito, questa l’accusa, nel processo di vendita.
Il consiglio di sorveglianza del gruppo Le Monde prenderà la sua decisione sulle offerte per la ricapitalizzazione il 28 giugno prossimo. La data limite per il deposito ufficiale di nuove offerte, precisa ancora il comunicato, è fissata alle 12 del 21 giugno prossimo. Tutte le proposte pervenute saranno poi esaminate dalla Società dei redattori di Le Monde, azionista di riferimento dell’azienda editoriale, e dalle altre società che rappresentano il personale del gruppo, in un’assemblea generale fissata per il 25 giugno. Infine, il consiglio di sorveglianza si riunirà il 28 giugno per “votare sulla candidatura da accettare per la messa in atto della ricapitalizzazione”. Il candidato selezionato, precisa in chiusura il comunicato, “dovrà procedere immediatamente al deposito di 10 milioni di euro, per entrare in trattativa esclusiva con il gruppo”.
Con oltre cento milioni di debiti, il quotidiano francese è alla ricerca di un nuovo socio finanziere che eviti così la bancarotta. I potenziali acquirenti che avevano mostrato il loro interesse per la ricapitalizzazione del giornale erano ben cinque. Tra questi figuravano il gruppo svizzero Ringier, il gruppo l’Espresso e la spagnola Prisa, editrice del quotidiano El Pais.
Ma sia la maggiore azienda elvetica sia il gruppo di de Benedetti hanno rinunciato ad avanzare offerte. La Prisa, invece, ha chiesto un rinvio nel processo di vendita, ma la società spagnola, che recentemente è passata sotto il controllo di un fondo pensioni americano, sembra comunque fuori gioco.
Il termine ultimo per le offerte è il 21 giugno prossimo e, secondo quanto riferito dal consiglio di vigilanza di Le Monde, entro il 28 sarà scelta la proposta vincente. A rimanere in ballo, sono rimasti due investitori non graditi al presidente Sarkozy.
La prima è una cordata di uomini d’affari guidata guidata da Matthieu Pigasse, capo delle operazioni francesi della banca d’investimento Lazard, co-fondatore della casa di moda Yves Saint Laurent Pierre Bergé, e Xavier Niel, un imprenditore delle telecomunicazioni.
Quest’ultimo in passato ha lavorato come consigliere di Dominique Strauss-Kahn, ora direttore generale del Fondo monetario internazionale, che viene visto come un potenziale candidato socialista alla presidenza nelle elezioni presidenziali del 2012.
L’altra offerta arriva da Claude Perdriel, fondatore del newsmagazine (di sinistra) Le Nouvel Observateur, con un partner non identificato, probabilmente France Télécom. La compagnia telefonica, da parte sua, ha confermato che sta valutando un qualche tipo di coinvolgimento nel salvataggio di Le Monde, anche se non necessariamente un investimento diretto.
Tutti uomini che spaventano il presidente Sarkozy, che non gradirebbe lasciare all’opposizione il principale quotidiano nazionale. Così la settimana scorsa Sarkò ha convocato Éric Fottorino, editore di Le Monde, a Palazzo dell’Eliseo, dove, si dice, si è dichiarato contrario a queste offerte. Da lì la denuncia della Compagnia di lettori di Le Monde, che fa parte di un gruppo di azionisti che, insieme con i dipendenti del quotidiano, possiede una partecipazione del giornale.
“In ogni grande democrazia, questo intervento sarebbe inaccettabile – ha affermato in una nota la società dei lettori -. Solo gli azionisti e, in questo caso, il consiglio di sorveglianza, sono autorizzati a decidere sulla questione”. I giornalisti e il personale di Le Monde possiedono la maggioranza del quotidiano dal 1951, che consentiva loro di avere il controllo sulle scelte strategiche, ma ora sono destinati a perderla e temono infatti per l’indipendenza del giornale.