Steven Pearlstein, editorialista del Washington Post, ha recentemente esposto dalle colonne del suo giornale un’appassionata ode al libro digitale. Il mercato dei libri numerizzati e letti sugli Ibook è un fenomeno inarrestabile. Stando all’analisi, nel lungo periodo questa tendenza porterà benefici sul versante letterario (più scrittori non affermati pubblicheranno più facilmente) come su quello del mercato (i lettori avranno accesso a un maggior numero di testi a dei prezzi più bassi).
I cambiamenti che investono in questi anni le sfere più all’avanguardia del mondo dell’editoria sono stati ben rappresentate recentemente da un piccolo affaire che ha coinvolto due giganti dell’”editoria 2.0“.
Amazon è la compagnia che, fino ad oggi, più ha trasformato il nostro modo di accostarsi al libro. L’intuizione avuta da Jeff Bezos, saltare gli intermediari per congiungere direttamente i magazzini della ditta alla casa del cliente, ha permesso alla distribuzione e all’espansione della letteratura di evolversi su nuovi binari. Questa trovata commerciale non ha comunque alterato la fruizione classica dell’oggetto.
In questo senso, la vera rivoluzione della casa americana è stata il lancio di Kindle, la piattaforma di lettura per libri digitali. Grazie al software è possibile oggi scaricare via Internet libri al prezzo di 10 dollari al download. Questo modello, ancora poco praticato in Italia, ha già in America più di tre milioni di utenti. Le casse di Amazon hanno avuto ingenti benefici dall’operazione grazie all’inverso dello «schema Gilette». La casa produttrice di rasoi aveva avuto la brillante (e lucrosa) idea di fabbricare rasoi a prezzi competitivi e vendere lamette a prezzi elevati. Qui è l’esatto contrario. Il libro (la lametta) costa meno che altrove. È il supporto (la piattaforma Kindle) che porta i soldi (dai 250 ai 500 dollari a modello).
Amazon ha fino ad oggi esercitato un monopolio indiscusso nel campo del libro digitale. Oggi, le cose stanno cambiando. Una piccola rivoluzione sembra essersi recentemente innescata grazie al nuovo computer della Apple, l’IPad. Questo strumento possiede al suo interno le medesime applicazioni di Kindle, insieme ad un numero enorme di opzioni supplementari.
Cosciente delle potenzialità del mercato del digitale, Steve Jobs ha immediatamente proposto ai grandi editori un patto. La Apple per questi grandi gruppi non sarà più, come Amazon, un grossista, bensì un semplice agente di distribuzione. Gli editori potranno vendere i loro libri fino ad un massimo di 15 dollari mentre un terzo del prezzo finirà nelle tasche di Apple.
Il patto tra Apple e gli editori non sembrava dover coinvolgere Amazon, forte del suo monopolio quasi assoluto. Invece, all’indomani dell’accordo la potente Macmillan ha imposto alla compagnia di Jeff Bezos le stesse condizioni sottoscritte con quella di Steve Jobs. Altre case editrice faranno probabilmente lo stesso.
Il cambiamento non porterà benefici immediati ma renderà, sostiene il giornalista, il mercato più aperto e porterà, nel lungo periodo, a prezzi più bassi. Inoltre, poco tempo fa, Amazon aveva già affermato di voler rendere più vantaggioso agli autori la pubblicazione dei proprio libri bypassando gli editori.
Peralstein conclude: «Le testimonianze sulla morte del libro sono oltremodo esagerate. Il mercato cambierà, compagnie compariranno e spariranno, persone perderanno il lavoro. Ma alla fine del processo, ci saranno meno persone che verranno pagate di più per produrre più cose a prezzi minori. C’è una parola per questo – progresso – ed è eccitante vederlo svolgersi davanti a noi».