ROMA – Lorenza Lei si è aggiudicata la poltrona di dg della Rai con il plauso della sinistra, ma come ricorda Giovanni Valentini dalle colonne di Repubblica di sabato 7 maggio “non basta essere donna per diventare un buon direttore generale – o meglio, una buona direttrice generale – della Rai”.
Questo è il punto di partenza che il giornalista usa per fare una riflessione sulla condizione della donna e sul futuro dell’azienda di viale Mazzini. Cosa riuscirà a fare la Lei sarà il tempo e non il solo fatto di essere donna a deciderlo, ma il suo arrivo è di certo un cambiamento importante. Dobbiamo stare comunque a vedere: “Proprio nel momento in cui la donna, cioè la figura femminile di madre, sorella, moglie, compagna, figlia o nipote, si trova a subire un’offesa continua da parte della subcultura televisiva, l’avvento di Lei (“Nomina sunt consequentia rerum”, come dicevano i latini?) può introdurre un fattore di equilibrio o riequilibrio al vertice della Rai”.
Donna o no, va ricordato, come fa Valentini che “la direttrice generale, “domina” pressoché assoluta dell’azienda nella divisione dei poteri con la presidenza e il Consiglio di amministrazione, è stata a lungo e fino a qualche giorno fa la vice-direttrice della stessa azienda, condividendo perciò le scelte, i diktat o le censure del suo predecessore: dalla nomina di Augusto Minzolini alla direzione del Tg Uno ai vari tentativi di oscurare i talk-show sgraditi al governo. Ed è anche possibile che l’imprimatur vaticano di cui gode, almeno secondo l’opinione più diffusa, si traduca in un vincolo di appartenenza, di fedeltà o di subordinazione, se non proprio un impedimento o un’ipoteca”.
La speranza è che lavori bene, scrive Valentini, e che ne benefici anche il mondo delle donne ma non solo: “La speranza è che il suo insediamento contribuisca innanzitutto a risarcire l’immagine e la condizione femminile umiliate dall’egemonia tele- maschilista: dai reality alle fiction, dai serial fino agli spot”.