Dopo l’ipad della Apple, anche la Research in Motion, società che produce il Blackberry, si prepara a lanciare il suo tablet, il “BlackPad” che dovrebbe uscire in commercio già dalla prossima settimana. E con lui si preparano a uscire anche tablet di Samsung, Motorola, Google. Ma con l’avanzare così veloce delle nuove tecnologie c’è ancora spazio per un’informazione che viaggi su mezzi “convenzionali” come la carta stampata?
Se lo domanda Alberto Brambilla in un articolo pubblicato sul “Riformista” e in cui analizza la nuova frontiera del giornalismo nell’era dei tablet insieme a Stefano Maruzzi, country director di Google Italia, e Marco Benedetto, ex ad del Gruppo Espresso nonché editore di Blitzquotidiano.
Per Maruzzi “da questo momento in poi sarà impossibile pensare la produzione di contenuti sganciati dalla tecnologia, un connubio inscindibile che si manifesta in molteplici modi”. “La qualità del giornalismo – aggiunge Maruzzi – si dovrà coniugare con una forte componente di conoscenza della tecnologia per rispondere alle esigenze dei consumatori”.
Ma non solo. Come mette in luce Marco Benedetto “l’essenza del mestiere non è mai cambiata” però “aumentando la quantità di materiale prodotto può aumentare l’occasione di mancato controllo e quindi cresce la responsabilità del singolo redattore, un salto di qualità perché d’altronde è cresciuto anche il livello di istruzione e preparazione teorica dei giornalisti”. “Ma in fondo – conclude – come una specie di fiume sotterraneo, i fondamentali sono rimasti identici: la notizia, la lingua, la precisione e la correttezza. E questo valeva anche per i tazebao”.
