ROMA – Il pareggio di bilancio nel 2013 ci sarà, la crescita ancora no. Se ne parlerà dopo, dopo almeno altri due anni di sacrifici e posti di lavoro a rischio. Mario Monti presenta i numeri del documento di economia e finanzia e lo fa alternando (piccoli) segnali di ottimismo a (meno piccoli) scenari alternativi da brivido, quello del default e della situazione “stile Grecia”.
“L’Italia ha messo in sicurezza i conti pubblici e avrà nel 2013 un avanzo primario pari al 3,9%” spiega Monti secondo cui il debito è stato posto su un “sentiero di riduzione progressiva e durevole”. Ed è proprio dal contenimento della spesa pubblica che il governo si aspetta molto in termini di risparmi. Un molto quantificato in circa 26,6 miliardi nel periodo 2011-2014, frutto soprattutto di tagli ai ministeri, agli enti pubblici e derivanti dalla razionalizzazione della spesa sanitaria.
Sul pareggio di bilancio, invece, Monti non condivide il pessimismo del Fondo monetario internazionale: “Oggi il Consiglio dei ministri ha dato la prima applicazione al principio del pareggio di bilancio nel 2013” .Quindi la replica al Fmi: “Il vincolo che il trattato del ‘fiscal compact’ impone ai singoli Stati membri chiede che ci sia un disavanzo del settore pubblico in termini strutturali non superiore allo 0,5% del Pil. La politica economica italiana prevede per il 2013 un avanzo strutturale dello 0,6%”.
Nella bozza che accompagna il Def, invece, prevalgono le tinte fosche. “E’ stato evitato uno shock distruttivo”, ma ”il disagio occupazionale tocca direttamente o indirettamente quasi la metà delle famiglie italiane” e non ci sarà “crescita fino al 2013” scrive Monti che, però, promette: “In futuro – promette – i proventi della lotta all’evasione fiscale dovranno essere utilizzati anche per ridurre le aliquote fiscali”. In futuro, però. Per ora, invece, ogni volta che se ne parla il comma in questione finisce sempre per sparire subito prima della presentazione della norma.
Quindi il lavoro, lavoro che gli italiani o perdono o non trovano. “La preoccupante crescita della disoccupazione e il basso livello di occupazione – dice Monti – in particolare di giovani e donne, mostra che è urgente riformare un mercato del lavoro segnato da ingiustizie e disfunzioni. E’ un mercato duale in cui alcuni, titolari di un contratto a tempo indeterminato, godono di tutele elevate, altri, con contratti precari hanno modeste prospettive di miglioramento, poca formazione, tutele scarse”.
“Attualmente – spiega il premier – la flessibilità è tutta concentrata sul lato dell’entrata e non esiste un sistema universale di protezione dal rischio di perdita del lavoro. Riformare il mercato del lavoro, come il Governo ha proposto con il disegno di legge presentato recentemente alle Camere, è necessario per aiutare lavoratori e imprese ad affrontare una fase dura di riorganizzazione e di mutamento della specializzazione produttiva e per aggredire il problema drammatico della alta disoccupazione giovanile”.
Quindi la lotta all’evasione fiscale che, per Monti risponde a “ragioni di equità” e che “in Italia ha raggiunto livelli inaccettabili”. L’evasione è ”concorrenza sleale tra imprese e un modo in cui alcuni cittadini disonesti provocano un danno ad altri cittadini, causando per tutti una pressione più elevata”.
”La fiscalità – prosegue Monti – e’ un altro tassello fondamentale della strategia per uscire dalla crisi e tornare alla crescita. Il sistema fiscale deve essere piu’ flessibile, innovativo e capace di dare incentivi agli investimenti nei nuovi settori portatori di crescita. Le regole fiscali devono essere semplificate per rendere piu’ facile la vita al cittadino-contribuente onesto”. Secondo il premier, poi, “Non e’ possibile aspettare che la tempesta passi e la parentesi si chiuda. La crisi che viviamo dal 2008 può avere un impatto duraturo. Il cuore del problema italiano e’ come tornare a crescere. Non c’e’ ragione per accettare che l’Italia sia condannata ad avere una crescita sotto la media dell’Eurozona da oltre dieci anni. In questo momento, la crescita non puo’ venire da stimoli espansivi della spesa pubblica”.
‘La crisi nasce da fattori esterni”, dice ancora, ma anche dal fatto che l’Italia non ha affrontato alcune ”debolezze strutturali”: per questo il Paese ”ha subito un impatto più forte dalla crisi e ne esce ma con fatica”.
”L’Italia – ha continuato – ha messo in sicurezza i conti pubblici e avra’ un avanzo primario del 3,9% nel 2013. E’ uno sprint realizzato con lo sforzo collettivo di Parlamento, Parti sociali, parte produttiva del Paese oltreche’ dal Governo. Ma molto resta da fare”.
Monti ha poi individuato il “nemico”: ”Le riforme sono difficili – dice – da far passare perché colpiscono interessi concentrati di categorie a forte rappresentanza politica e portano invece vantaggi a soggetti diffusi e non organizzati, come i consumatori o i giovani o addirittura le future generazioni. E’ un problema da non vedere in termini di tattica politica ma di equita’. I sacrifici per ridurre il debito e far ripartire la crescita devono essere distribuiti in modo equo per essere sostenibili”.
”Nel medio termine – poi dice – il rientro dal debito dovrà affidarsi maggiormente alla riduzione delle spese correnti” attraverso la cosiddetta ”spendig review. Il primo ambito di azione – si legge nella bozza entrata in Cdm – è il risanamento finanziario. Il debito pubblico ha raggiunto il livello più alto dagli inizi della crisi. E’ necessario gestire questa pesante eredità impostando un graduale, ma duraturo percorso di rientro. E’ una scelta obbligata per evitare al Paese di mettere a repentaglio la sua sicurezza economica, anche se a costo di sacrifici pesanti per i cittadini, le famiglie e le imprese”.