Sono 50 mila i bebè prematuri che nascono ogni anno in Italia: negli ultimi 30 anni inoltre, c’è stato un vero e proprio boom. Questa realtà non riguarda solo l’Italia: secondo gli ultimi dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, le nascite premature spaziano da un estremo all’alto del pianeta.
Le percentuali sono più alte in Africa (11,9%), seguono Nord America (10,6%), Asia (9,1%), America Latina (8,1%) Australia (6,4%) ed Europa (6,2%).
A far lievitare i numeri nei Paesi più sviluppati, il ricorso alle tecniche di fecondazione assistita: «I piccoli prematuri – spiega Rocco Agostino direttore dell’unità operativa di terapia intensiva neonatale dell’ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina di Roma – hanno registrato una crescita a due cifre negli ultimi 30 anni, anche se negli ultimissimi anni l’aumento è stato lieve».
Merito, precisa l’esperto, anche «dei progressi dell’assistenza ostetrica, che è stata in grado di ridurre significativamente gli anticipi delle nascite pretermine, allungando i tempi delle gravidanze». Ma non sono questi gli unici risultati positivi registrati sul fronte delle nascite premature: dalla metà del secolo scorso ad oggi infatti, enormi passi avanti sono stati fatti rispetto alle prospettive di vita per un bambino nato prima del termine. «Non è vero che un bimbo di 600-700 grammi non ha chance di sopravvivere. Sotto le 32 settimane – assicura Agostino – le possibilità di rimanere in vita vanno dal 20-25% fino all’80-85%».
Dei 50 mila piccoli nati in Italia prima del termine ogni anno spiega Agostino che «solo 5 mila, ovvero il 10%, si configurano come grandi prematuri, ovvero bimbi ad alto rischio» perché venuti alla luce troppo presto. Ma anche se la cicogna arriva a destinazione prima delle 32 settimane «il 90% dei piccoli riesce a sopravvivere in buone condizioni di salute dopo un percorso all’interno dell’ospedale» spiega il medico del Fatebefratelli.
