Italiani colpiti da panico. L’Oms (organizzazione mondiale di sanità) lo aveva preannunciato che nel 2020 le malattie mentali sarebbero state tra le più diffuse sul pianeta Terra (prima di quelle cardiocircolatorie e i tumori) al punto tale da configurare la vera emergenza che insidia la salute di milioni di persone solo nel nostro Paese.
Gli italiani colpiti dal panico, infatti, sono oltre 8 milioni (8.350.000). E, in particolare, vengono colpiti sul posto di lavoro, a scuola (18%), causato dallo stress, luoghi affollati e nei posti dove hanno avuto la prima avvisaglia della malattia (13%). È quanto emerge da un recentissimo sondaggio dell’istituto SWG di Trieste commissionato dall’Ircap (istituto di ricerca e cura sugli attacchi di panico) della Pio XI di Roma, diretto dal prof. Rosario Sorrentino, neurologo ed esperto della malattia.
«Ciò che colpisce, in questi dati, è che ancora oggi viene sottovalutata una malattia che per le conseguenze che arreca alla salute di chi ne viene colpito sia ancora considerata nella migliore delle ipotesi, una sorta di capriccio o di invenzione con ulteriore sofferenza da parte di chi è costretto a subire una vita piena di rinunce e in alcuni casi da incubo. Sono dati allarmanti – ha detto il neurologo – che rispecchiano solo in parte la realtà perché molte persone sofferenti di attacchi di panico si vergognano ad ammetterlo perché delegittimati da un contesto culturale che ancora oggi non riconosce piena dignità ai malati».
In particolare dall’indagine, mirata a un campione tra i 18 e 60 anni, è emerso che più di un terzo ha vissuto l’esperienza di un attacco di panico «sporadico, unico» mentre il 63% ha subito attacchi ripetuti. Inoltre un terzo di coloro che soffrono di panico si è rivolto al proprio medico di base e successivamente a uno specialista (psichiatra, neurologo) ma soltanto quando la malattia è già ormai diventata cronica (18%). «Il medico di base, nella maggior parte dei casi, si limita a prescrivere una terapia farmacologica a base di ansiolitici (benzodiazepine) e a inviare poi il paziente a lunghe e inutili psicoterapie: entrambi i rimedi sono responsabili della maggior parte dei casi di cronicizzazioni della malattia», ha sottolineato ancora Sorrentino paventando una sorta di “fuga dalla scienza”.
Secondo i dati del sondaggio, infatti, il 35% si sottopone a un trattamento psicanalitico proprio perché consigliato dal medico di famiglia: addirittura molti malati si rivolgono alle terapie alternative (53% omeopatia, 47% altre terapie tra cui quelle naturali, meditazione, yoga, etc). «Ma il disturbo di panico è ancora oggi sottovalutato. Dall’indagine è emersa, infatti, una sottovalutazione di una malattia seria e invalidante da curare presto e bene proprio perché chi ne soffre spesso non riceve una terapia adeguata», ha concluso Sorrentino ricordando che le spese inutilmente sostenute per anni dai pazienti sono proprio da attribuire a un percorso psicoanalitico che spesso non conduce a risoluzioni definitive, perché determina una progressiva demedicalizzazione ed errata gestione della malattia.