Prevenire il cancro: possibile ma la gente non prende le medicine

Se è ormai assodato che esistano medicine in grado di prevenire l’infarto o altre patologie cardiovascolari, per quel che riguarda il cancro le cose sono molto più complesse.

Secondo un articolo di Gina Kolata apparso sul New York Times, le precauzioni che gli Americani prendono – nella maggior parte dei casi – non hanno un’efficacia scientificamente provata e possono addirittura rivelarsi pericolose per la salute. Al contrario, le poche medicine veramente utili nella lotta ai tumori, spesso vengono completamente ignorate.

E’ il caso del finasteride, una medicina generica del costo di circa due dollari al giorno, che – è stato dimostrato – sarebbe in grado di prevenire fino a 50mila casi di cancro alla prostata all’anno. Un quarto di quelli diagnosticati ogni anno solo negli Stati Uniti (circa 192 mila), che causano la morte di più di 27 mila uomini ogni 12 mesi.

Anche uno stretto “parente” del finasteride, il dutasteride, avrebbe lo stesso effetto, ma nonostante ciò queste medicine continuano ad essere ignorate, mentre altri integratori non solo inefficaci, ma potenzialmente pericolosi continuano a essere assunti come deterrenti allo sviluppo della malattia.

Prevenire i tumori, del resto, si dimostra sempre più complicato. Così come risulta ostico convincere le persone – diffidenti verso le nuove scoperte e spaventate dagli effetti collaterali – a ingoiare pillole anticancro. Lo si vede nel caso del tumore al seno, per cui esistono due medicinali in grado di ridurre le possibilità di sviluppare la malattia del 50 per cento.

Gli scienziati lo hanno provato, ma i dottori continuano a non prescriverle e le donne a non volerle prendere. Il che spinge le case farmaceutiche a non investire nella ricerca sulla prevenzione, ritenuta economicamente svantaggiosa.

Al di là del non fumare sigarette e – per quanto riguarda il cancro al seno – del non assumere estrogeni e progestin durante la menopausa, sono pochissime le precauzioni sicuramente efficaci.

Nemmeno un’alimentazione ricca di fibre, frutta e verdura e povera di grassi pare incidere significativamente, come invece nel caso delle patologie cardiovascolari, anche se resta comunque un fattore importante. La sua efficacia, secondo il direttore generale del dipartimento di epidemiologia del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center, potrebbe aumentare scegliendo una dieta corretta fin da giovani. Ma, anche in questo caso, la certezza è lungi dall’essere dimostrata.

Come per il betacarotene e la vitamina A per il cancro ai polmoni nei fumatori. O per il selenio e la vitamina E per il tumore alla prostata. Nonostante ciò, moltissimi uomini continuano a preferire gli integratori ai farmaci come il finasteride, anche a causa di un’informazione superficiale che spesso ha sedimentato in loro convinzioni senza fondamento difficili da sradicare.

Al contrario, benché studi approfonditi abbiano provato come il Tamoxifen e il Raloxifene riducano sensibilmente la possibilità di sviluppare il cancro al seno, questi trattamenti continuano a essere snobbati, nonostante il costo bassissimo (per il Tamoxifen si spendono solo 30 centesimi al giorno) e le alte probabilità di successo. Semplicemente, le donne si rifiutano di prendere medicine finché non ne sono costrette.

Il che, in molti casi, avviene quando per la prevenzione è già troppo tardi. Lo stesso accade agli uomini, spaventati dai possibili effetti collaterali (impotenza, riduzione della prostata), seppur temporanei, della cura a base di finasteride.

Una svolta potrebbe avvenire con la scoperta di “biomarkers”, indicatori certi in base a cui misurare la percentuale di rischio di tumore nei pazienti. L’equivalente, insomma, della pressione sanguigna e del colesterolo per l’infarto. Ma la ricerca in tal senso, purtroppo, è ancora lungi dall’aver raggiunto risultati degni di nota.

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