Rai. Un ex dg, Meocci, vince la causa: niente Madrid, deve stare a Roma in staff

Mentre Lorenza Lei ha appena preso possesso dell’ufficio del direttore generale della Rai al settimo piano di Viale Mazzini, piena delle bellicose e pericolose intenzioni di privare gli italiani che pagano il canone della loro dose pubblica di reality show, un suo predecessore, Alfredo Meocci, le ha ha fatto servire da un giudice del lavoro romano una bella patata bollente.

Il giudice, Dario Conte, ha infatti stabilito che Meocci, fino a quando sarà dipendente della Rai, ha diritto “a svolgere mansioni di staff alla direzione generale o mansioni equivalenti” e non può essere trasferito d’imperio a Madrid, quale corrispondente dalla Spagna, come invece aveva stabilito un altro predecessore della Lei, e successore di Meocci.

Fa da sfondo alla sentenza la contorta e complessa vicenda del meteorico passaggio di Meocci alla direzione generale della Rai a seguito della quale alcuni ex consiglieri di amministrazione e un ex ministro del Tesoro (Domenico Siniscalco) sono stati di recente condannati a pagare complessivamente 11 milioni di euro di danno erariale per avere deciso (Siniscalco su ordine di Berlusconi) e approvato (i consiglieri della destra) la nomina dello stesso Meocci.

Da allora a Meocci sono state inflitte una serie di punizioni da cui è stata inspiegabilmente esclusa la lapidazione. Tra queste si può includere l’esilio, dorato certamente ma esilio moralmente, a Madrid, anche perché in contrasto con la consolidata tradizione della Rai di tenere in parcheggio, con retribuzione immutata, direttori generali e direttori di testata e rete, dopo la rimozione e fino a quando non veniva concordata una nuova collocazione (successe a Bruno Vespa dopo che gli fu tolto il Tg1 e Antonio Di Bella dopo la Rete 3) oppure si trovavano un altro posto in qualche giornale e, con la lettera di assunzione in tasca, si facevano liquidare buonuscite milionarie.

Il trasferimento a Madrid non fu invece concordato né, appunto, gradito e Meocci si rivolse al giudice.

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Marco Benedetto