Sono oltre trecento le donne che, in provincia di Modena, hanno abortito con l’aiuto della pillola RU486, a base di mifepristone, uno steroide sintetico utilizzato nei primi due mesi di gravidanza, che sta dividendo coscienze, medici e politici nel nostro Paese. I dati sono stati resi noti dal Policlinico di Modena e dal Ramazzini di Carpi, dove le donne che hanno assunto la RU486 sono state 114 nel 2007 su un totale di 1081 aborti; nel 2008, 94 su 985 aborti totali e nel 2009, malgrado non siano ancora disponibili i dati, l’ipotesi è che ci si assesti su cifre analoghe.
In Emilia Romagna la pillola abortiva si utilizza ormai da tre anni, non in regime di ricovero, come accade in altre regioni come Puglia, Toscana, Trentino e Marche, ma in regime di day hospital con osservazione e controlli. «Oltre il settanta per cento delle donne che scelgono la RU486 ha una scolarità alta, mentre il sessantuno per cento è rappresentato da lavoratrici. Si tratta dunque di persone che affrontano il problema in maniera consapevole, mai superficiale», ha spigato Silvana Borsari, direttrice del distretto sanitario di Modena e coordinatrice dei consultori.
Ma non mancano le polemiche: don Gabriele Semprebon, assistente della pastorale sanitaria di Modena, ha sottolineato come le modalità di somministrazione non garantiscano adeguatamente la salute della donna e si rischia che diventi un prodotto di largo consumo, distribuita senza i dovuti controlli.
Anche a livello nazionale prosegue una feroce polemica sulla pillola abortiva. Dopo le dichiarazioni dei neo governatori leghisti Cota, per il Piemonte, e Zaia, per il Veneto, che hanno annunciato di non voler distribuire il farmaco, dal governo si levano diverse voci fortemente critiche.
In primo luogo quella del ministro della Salute Ferruccio Fazio, che ha ricordato: «C’è una legge, se la leggano. E, anche se sembra ovvio dirlo, tutte le leggi vanno rispettate. Bisogna attenersi alle indicazioni del Consiglio superiore di sanità che prevedono, nel rispetto della legge 194, che la pillola Ru486 venga data in ricovero ordinario fino all’avvenuto aborto».
La Santa Sede, invece, ha chiesto di estendere il diritto all’obiezione di coscienza attraverso la voce del cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia: «Bisogna rivendicare fermamente sia per le persone sia per le istituzioni il diritto all’obiezione di coscienza contro l’aborto e l’eutanasia, diritto non ancora riconosciuto in molti Paesi».
*Scuola di Giornalismo Luiss