ROMA – Dalla prima pagina del quotidiano “Repubblica”, mentre la Francia spara le bombe sulla Libia e vuole tenere il comando dell’operazione Tripoli, Bernard Guetta analizza la strategie dell’Eliseo presieduto da Nicolas Sarkozy.
Mentre i sondaggi lo davano per perso o quasi, con gli scandali al governo e il rimpasto in extremis Sarkozy ha deciso di avventurarsi nell’attacco contro il rais libico, scegliendo la linea dura, quella del pugno di ferro.
“Era a tal punto poco amato che non si prestava neanche più attenzione a ciò che andava dicendo. Se avesse affermato – anche solo quindici giorni fa – che a mezzodì è pieno giorno la stampa francese avrebbe stroncato un presidente che dice simili sciocchezze, inqualificabili, vergognose”, ricorda Guetta che poi sostiene che la Francia si sia sbagliata a scagliarsi così contro il presidente. Lo stesso che si era abbandonato a varie “stravaganze” come riconoscere i ribelli libici, poi chiedere all’Onu di proteggere i civili da Gheddafi forse per fare dimenticare il suo passato, quello fatto di legami con il dittatore tunisino Ben Ali e l’egiziano Hosni Mubarak, entrambi cacciati dalle rivolte di piazza.
“La Francia si è sbagliata e oggi destra e sinistra lo ammettono…Ma Sarkozy ha compreso anche — eccoci al punto cruciale — che se il Nerone di Tripoli fosse riuscito a far affogare nel sangue le aspirazioni dei libici alla libertà, altri dittatori del Maghreb e del Mashrek ne avrebbero presto seguito l’esempio, che le democrazie occidentali avrebbero lasciato calpestare la generazione che si batte per la democrazia araba, che gli unici ad approfittarne sarebbero stati gli islamisti e che sarebbe andata sprecata un’occasione storica per riavvicinare le opposte sponde del Mediterraneo”, spiega Guetta.
Così l’Eliseo nella nuova avventura libica ha riscoperto la strategia gaullista, la stessa che aveva voluto rompere avvicinandosi agli Usa di George W. Bush, e ora la Francia lo sta seguendo, persino il critico Le Monde ha appoggiato la mossa del governo perché spiega Guetta “Sarkozy ha visto giusto, e in ciò è stato sostenuto da Alain Juppé, ex primo ministro di Jacques Chirac, appena nominato ministro agliAffari Esteri. Insieme a Dominique de Villepin, che si è opposto alla guerra in Iraq, Alain Juppé è uno dei pochi superstiti del gaullismo, di questa destra sociale, dirigista e, prima di ogni altra cosa, attenta alla posizione che la Francia occupa nel mondo e alla sua unicità nel campo occidentale”.
Seguendo questa analisi la Francia che ne esce è una nazione vincente, un Paese che ha voluto rischiare e che vuole ritornare protagonista nonostante sia stato eclissato dalla Germania in Europa e dagli Usa in campo internazionale.